La giornata mondiale del libro, e del diritto d’autore, cade, come ogni anno, il 23 aprile.
In un tipico giorno primaverile in cui distendersi in un parco all’aperto, con il cielo che fa da tetto ai pensieri e con l’aria frizzantina che solletica brividi, cosa c’è di meglio che staccare il cervello e godersi una buona lettura?

In periodo di quarantena come questo sembra un lusso, un’azione esagerata, un vizio che pare impigliato in un nodo inverosimilmente ingarbugliato, eppure, fino ad un paio di mesi fa, non occupava nessun posto nella lista dei nostri desideri, troppo banale, troppo scontato.

Oggi quando ho preso uno dei due libri che ho comprato online un paio di settimane fa e mi sono sdraiata sul dondolo in cortile, ho visto luce attorno a me, ho provato ad assaporare la primavera, ho lasciato che quelle pagine mi avvolgessero a tal punto da fare da scudo a tutti i miei sogni.

Un libro, il libro, “quel libro”

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Semplicità e libertà che vanno a braccetto, gli occhi che si lasciano abbindolare da una frase dopo l’altra, parole parole parole che manco Mina ed il pensiero fisso che in una di quelle famose liste dei desideri compilate in chissà quale momento di sconforto acuto o, al contrario, di ottimismo a catinelle, ci sia la volontà di poter compiere “il miracolo”, di idealizzare quella copertina, di scatenare la mente fino a consumare i tasti del computer.

In attesa dell’ispirazione giusta, o del coraggio che manca, in attesa delle cure per poter maneggiare quella ferita senza la paura che possa sanguinare ancora, in attesa della smania di dover necessariamente raccontare, raccontare, scrivere e raccontare, ma forse anche in attesa di qualcuno che possa dirmi ce la farai e della pazienza con me stessa che solitamente non mi appartiene, poggio la testa sul cuscino e mi chiedo se, un libro, se il libro, se “quel” libro, un giorno, aprendo l’armadio, sarà l’abito giusto da indossare.

23 aprile, cenni storici

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[Sulla base di una tradizione catalana, la 28a sessione della Conferenza Generale dell’UNESCO, riunita a Parigi, su proposta di 12 paesi fra cui Australia, Russia e Spagna, ha adottato la risoluzione 3.18 con la quale ha proclamato il 23 aprile di ogni anno “Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore”.
L’obiettivo della Giornata è quello di incoraggiare a scoprire il piacere della lettura e a valorizzare il contributo che gli autori danno al progresso sociale e culturale dell’umanità .

L’idea di questa celebrazione è nata in Catalogna, dove il 23 aprile, giorno di San Giorgio, una rosa viene tradizionalmente data come un dono per ogni libro venduto. Il successo Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore dipende principalmente del sostegno ricevuto da tutte le parti interessate (autori, editori, insegnanti, bibliotecari, istituzioni pubbliche e private, ONG umanitarie e mass media), che sono mobilitate in ogni paese dalle Commissioni Nazionali UNESCO, Club UNESCO, Centri e Associazioni, delle Scuole Associate e Biblioteche, e da tutti coloro che si sentono motivati a lavorare insieme per questa celebrazione].

[fonte giornatamondiale.it]

 

 

La non rubrica “A volte ritornano” ricompare e la tocca piano: amarcord e fotografie segnanti.

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In questa quarantena obbligata ci tocca di tutto: la spesa, le serate in famiglia davanti alla tv, il continuo via vai tra un fornello e l’altro, l’ora d’aria in cortile, Radio Italia anni ’60, ed ebbe sì, anche amarcord e fotografie segnanti.

A volte ritornano

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Il riordino di cassetti, armadi, scrivanie, librerie e quant’altro, è un must, ed è una di quelle cose che si rimanda per mesi e mesi (nel mio caso per secoli e secoli) ma che più puntuale dei brufoli dopo mezza fetta di salame, prima o poi spunta.

E quando spunta, anche solo all’orizzonte, è un disagio. Non sai se perderti nella quantità di fotografie (per la maggior parte inutili), negli amarcord che svariano da portachiavi di ogni forma e colore ad oggetti non meglio identificati, a post-it di appunti poco decifrabili scrigno dei segreti più impensabili come la ricetta segreta della pasta frolla di tua nonna morta nel 1992.

Ed è inutile che mi nasconda, perché nonostante io dopo 15 giorni di quarantena non ci abbia minimamente pensato a mettere un po’ d’ordine in nessun angolo della casa, ci ha pensato mia madre a smantellare cassetti e montagne di scartoffie. E così vi racconto brevemente i passaggi salienti del mio smart working degli ultimi giorni. Premesso che la mia quarantena ha una certa similitudine con la proprietà commutativa dell’addizione, e cioè che in qualunque stanza della casa io mi metta (cortile, garage, ripostiglio compresi) il risultato non cambia, ho ceduto in fretta alla tentazione del soggiorno quanto meno per osservare il via vai di mia madre e mio padre che mi danno una parvenza di solitudine molto limitata.

E così già l’associazione smart working in soggiorno con i profumi della cucina dietro l’angolo non regge, ma immaginatevi pure la musica in sottofondo e una montagna di scartoffie sul tavolo di 157 centimetri. Ah, dimenticavo, che musica: Radio Italia anni ’60 per di più “con l’interferenza”, convertita, con immensa fatica, in Radio Italia. Prossimo passo RDS, per radio Deejay ci sentiamo a fine aprile, stesso posto stessa ora (e dove vogliamo andare).

Amarcord e fotografie segnanti

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Ma veniamo al bello, al dunque, al sodo. Mentre mia madre inizia la divisione dei pani e dei pesci, mettendo da una parte le sorprese da uovo di Pasqua e sorprese da ovetto Kinder e dall’altra foto e racconti, (ed in terza piazza il sacchetto della spazzatura per gli scarti), io continuo il mio lavoro. Il tempo di concentrazione massimo è di 27 secondi. Ogni brandello di foglio di carta passa sotto la mia supervisione (in maniera forzata sia chiaro) accompagnato dalle seguenti domande (in questo rigoroso ordine)?

È tuo? Ne sei sicura? Cosa c’è scritto? Sei tu in questa foto? Ah no è tuo fratello (e dovrei già chiuderla qui)…mamma mia come ero giovane…come passa il tempo…ma qui dove eravamo? Forse al mare…ma secondo te era la comunione o lo cresima del mio procurino di novantaduesimo grado? Ma dici che può servire? (La mia risposta è sempre un no categorico, e nonostante ciò…) Cosa dici lo butto?

Nel frattempo Radio Italia non aiuta e il mio smart working pare una delle dodici fatiche di Ercole. Ma ad un certo punto alzo i toni: “Mamma scusa starei lavorando! (Con tanto di uso del condizionale per sembrare meno insensibile del solito) Devi per forza farmi il quiz adesso? Alla risposta “Ah si scusa non parlo più” credo ancor meno di quanto credessi alle cazzate dei miei ex ma provo a metterci della pazienza e vado avanti.

Non faccio in tempo a produrre altre due righe, ben due righe, che il disco ricomincia. Si parte con un più soft “Ma che bella questa canzone” e si arriva ad un “Secondo te chi ce l’aveva spedita questa cartolina?” (Sì, ci sono anche le cartoline) per poi raggiungere l’apice con “Dai fai una foto (della foto s’intende) e mandala a tuo fratello“, ed io scema che la faccio pure e la invio innescando una discussione a distanza senza precedenti e su whatsapp. Ma non crediate che non ci sia di peggio.

Ricordi, non amarcord, Ricordi

amarcordL’ennesimo “Sto lavorando“, (si è passati all’uso dell’imperativo) non sortisce alcun effetto. Ma manco per sbaglio. La rinuncia allo smart working è lì ad un passo ma provo a tenere duro. Finché lo sguardo, ahimè, non cade sull’orripilante caschetto con frangetta che per anni è stata la tua acconciatura di punta (e non ridete perché tutti abbiamo avuto il caschetto nella nostra vita senza distinzioni di sesso).

A quel punto la rabbia che dal terzo anno di asilo si è accomodata nel salotto della tua mente, ma che non ha mai avuto lo slancio per alzare le chiappe dal divano, trova la forza per esporre un banalissimo e doveroso perché, ripetuto in sequenza come se fosse in loop. Perché, perché, perché…“Perché era di moda, perché ce l’avevano tutti…”. Ecco appunto il fatto che ce l’avessero tutti e che facesse schifo su tutti, qualche dubbio non lo ha mai fatto sorgere?

E tralasciamo poi il capitolo, vestiti, trucco, scarpe, pose da sfigata cronica, ricorrenze serrate che facevano della costanza il loro segno distintivo, ma anche i televisori da 188 kg che comparivano alle spalle di me medesima bambina di 7 anni alle prese con finestrelle al posto dei denti e con regali che davano già ai tempi profondi segnali sulla stupidità umana. No perché ditemi voi se oltre tua madre a vestirti da deficiente, ci dovesse essere anche lo zampino di zie, nonne, cugine e compagne di classe che guardo caso, il regalo era sempre quello “O una bella maglietta” o “Il diario con il lucchetto”. Ne avrò ancora in giro una dozzina. E se i regali non erano questi, erano tutte la cianfrusaglie ancora oggi nel cassetto a casaccio.

Ad ogni modo, 2,5 ore dopo il risultato è il seguente: canzoni ascoltabili di Radio Italia una, frutto del lavoro del tuo smart working tre righe, scartoffie accumulate nel cestino dell’immondizia ZERO perché “No, no questo non possiamo buttarlo può servire” o “no, no questo è un ricordo, non lo si può buttare“. Non sia mai eh.

 

 

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calcio ci manchi

Il Coronavirus non spezzerà le nostre passioni: calcio ci manchi. Questa non è una lettera ricca di supponenza e di elenchi di cosa sia giusto o sbagliato, questa non è una lettera di una persona laureata in medicina o in giurisprudenza che possa riportare nero su bianco leggi e teorie scientifiche, né tantomeno di una tuttologa; e non è nemmeno una lettera di una persona che voglia mettere in discussione ciò che si sta facendo o non facendo, la prevenzione, i rischi ed i controlli.

Questa righe sono solo lo sfogo di chi ad un certo punto si ritrova a fare i conti con i propri sentimenti, sentimenti che talvolta non c’entrano con la ragione e che finiscono per scontrarsi con una realtà che necessita d’altro. Ossigeno in primis ma che non può nemmeno voltare le spalle di fronte a quelle tre parole che imbrattano le pareti di un cuore che non urla, ma sussurra: calcio ci manchi!

Il Coronavirus non spezzerà le nostre passioni

calcio ci manchi Ma se per un attimo tutto ciò che è sensato, giusto, razionale, finisse al di là dei muri della nostra stanza, ecco che fare i conti con il vuoto diventa soffocante e fare un passo alla ricerca di luce è un viaggio nelle sabbie mobili. Nell’arco di questi giorni in cui tutto pare dannatamente surreale, la realtà è la torre di lego che non sta in piedi, che cade al suolo senza preavviso e che ti impedisce anche la visuale alla ricerca dell’oltre. E di cosa ci sarà domani. E di cosa succederà domani.

Quanto ci spaventa il non sapere? E quanto ci spaventa tenere tutto così a debita distanza? Noi che in realtà “qui vicino è troppo lontano” e “laggiù in fondo” è una presenza che ingombra. Ma soprattutto, molto più banalmente, quanto ci manca non poter vivere le nostre passioni?

Se stiliamo una classifica delle nostre priorità che in un periodo come questo trovano anche un’accezione diversa, predominante e tendenzialmente orientata verso la saggezza, ma lo sappiamo che qualche posto in giù, scritto in matita per non farlo risaltare nel bel mezzo di un pennarello indelebile che evidenzia le necessità primarie, e forse anche un po’ per vergogna, c’è anche la voce “passioni“. Lungi da me il raccontare degli allergici alla razionalità più totale dotati di menefreghismo e indifferenza, bombe atomiche sul mondo, ma apertura costante verso chi non dimentica, verso chi si aggrappa. C’è umanità e sentimento in ognuno di noi.

Calcio, ci manchi!

calcio ci manchi Ed è così che in questo marasma in cui l’agenda si complica e gli scarabocchi sulle pagine sembrano quadri di Picasso, cade l’occhio sul borsone. E dal borsone ti ritrovi a cancellare gli impegni per cui ami di più il weekend, poi ancora c’è un gruppo whatsapp in cui non trovano spazio comunicazioni confortanti e in questo silenzio non senti nemmeno l’eco del chiasso di quei casinisti ma adorabili pulcini.

Il weekend si avvicina e non ci sarà nessuna tribuna ad aspettare e nessun campo verde pronto ad accogliere i tuoi passi, la tua penna non troverà sfogo, il caffè al bar col collega sarà amaro, il “mister posso entrare?” non avrà forma accanto alle tue orecchie. E allora che si fa?

Mentre il tempo che scorre non apre a previsioni, tutto ciò che resta è non lasciarsi vincere da questo sconforto, senza ridimensionare la classifica delle priorità, anzi rafforzando ulteriormente scelte e convinzioni, a patto che non si getti nell’oblìo quella che per alcuni non è che una stupida passione, mentre per noi, capaci anche di lucidità e buon senso ma privi di sembianze da tuttologi, sappiamo che pur all’ultimo posto della nostra personalissima graduatoria, riserveremo sempre un gradino ai sentimenti. E alle passioni. Perché il vuoto odierno non può essere colmato da chiunque, perché bisogna anche saper convivere con le mancanze e perché le catene possono persino spezzarsi, ma la speranza no. Nè, tantomeno, l’amore vero.

La verità è una sola: calcio ci manchi!

 

 

buon compleanno juventusBuon compleanno Juventus.
Sono passati 122 anni dal ritrovo di quattro amici su quella panchina, ne sono passati poco più di 8 da quando quella panchina, calata dall’alto, si ritrovò sul manto verde del nostro Stadium, pronta ad accogliere il “Presidente” Boniperti e sua maestà Alessandro Del Piero, eppure…
…eppure non ci sono rughe su quei volti che nascondano il sorriso e l’orgoglio di essere juventini, di tifare Juventus. Non ci sono ricordi macchiati da senso di smarrimento, non ci sono difficoltà che non siano state superate, non ci sono lacrime che non meritassero di essere versate, non ci sono rimpianti in un percorso così lungo andato non sempre come avremmo voluto ma probabilmente come era giusto che andasse, che possano prendere il sopravvento sull’onore di aver fatto parte di questa storia. Una storia bellissima. Una storia che non ha eguali. Una storia incredibile che ha riempito libri, bacheche, sguardi, cuori, ma che ha tutte le intenzioni di prendersi nuovi infiniti spazi.

Ognuno a suo modo può ricordare aneddoti e dettagli di questi 122 anni, mi piace pensare ad una torta immensa piena di panna e cioccolato, ovviamente, ma anche di fotografie assemblate tra loro che rappresentano un popolo di fratelli e sorelle accomunati da quella passione ineguagliabile che è la Juventus. Io non posso che dire grazie Nonna, per avermi lasciato in eredità la tua grinta, i tuoi ricci che sempre ho odiato, la tua passione per il calcio, nonché l’amore per la Juventus.

E così, mentre ogni anno da quel 1897 celebriamo questo 1 novembre, mentre ogni giorno ti portiamo nel cuore, senza perdere l’occasione di guardare avanti alla ricerca di nuovi traguardi e di nuove emozioni, riempiamo i polmoni, chiudiamo gli occhi, esprimiamo un desiderio e soffiamo su queste luminose 122 candeline.

Tu con noi, noi con te. Per sempre.

Buon compleanno Juventus

world dream day World dream day, ovvero la giornata mondiale dei sogni, ricorre oggi, 25 settembre 2019 e viene celebrata per la settima volta nella sua storia.
E allora vi racconto una storia che ho trovato su Instagram, su “storie.dagli.undici.metri”

Qual è il prezzo di poter sognare?
Sognare dalle sue parti era l’unico modo per non vedere quello che ti accadeva intorno, come avere della musica ad alto volume nelle cuffie che ti permetteva di distrarti, che ti permetteva di vedere il traguardo nitido.
I sogni da quelle parti significavano anche fare dei sacrifici, andare a letto presto mentre tutti gli altri si preparavano per fare serata, vedere amici con cui sei cresciuto prendere delle strade completamente opposte ai tuoi ideali, significava sentire perenni chiacchiere su come il tuo fosse solo tempo perso, “non arriverai mai”…quanto si sbagliavano…
I pianti fatti da piccolo si sono trasformati in coraggio per affrontare le difese avversarie, per cercare di scalare classifiche, per cercare di inseguire un sogno chiamato Serie A.
22 gol con il Teramo in C
23 gol con L’Empoli due anni fa in B
25 gol con il Brescia lo scorso anno in B
4 gol in 5 partite di Serie A
Chissà se adesso, dopo tutto questo, avrebbero ancora il coraggio di metterti in dubbio“.

world dream day La carta d’identità dice 29 anni da compiere il prossimo 30 novembre. Non pochi per chi da grande, quando grande lo è già, vuole fare il calciatore. Il cognome che pesa per un puro caso di omonimia, le lacrime per quel gol al Cagliari, all’esordio, poi ingoiate, amare, quando la freddezza della Var ha detto “No, non è valido” mentre gli occhi avevano già disegnato arcobaleni, tramonti ed albe da togliere il fiato. Ma di lì a poco il paesaggio avrebbe preso colori indescrivibili e lo avrebbe fatto perché tu, tavolozza alla mano, non avresti potuto dipingere quadri dal senso artistico più acuto. Ma, pennello alla mano, ci sono barili di creatività a cui rendere giustizia che possono sopravvivere solo se sprigionati e lasciati liberi, proprio come i sogni, proprio come i tuoi sogni.
Perché la normalità di un ragazzo come te, Alfredo Donnarumma, attaccante del Brescia, all’esordio in serie A, capace di mettere a segno 4 gol in 5 partite, è l’armatura perfetta di chi ha deciso di arrampicarsi sulle nuvole per godersi lo spettacolo dall’alto.

Il world dream day è più che una giornata, è uno stile di vita, è un diritto sacrosanto, è la magia che rende luce e giustizia al nostro essere, è il coraggio di prendere a due mani la propria anima, scuoterla, e lasciar cadere sul tavolo tutto ciò che racchiude.
Nel più remoto angolo di uno dei vostri cassetti troverete, imbrattato di polvere, un po’ sbiadito forse, ma più vivo di quanto possiate immaginare, il sogno che cullavate da bambini, quello che “lascialo lì poi si vedrà”, quello di cui quasi ci si vergogna e che a pochi si confida, con fatica pure a se stessi, ma che non ha mai smesso di abbracciarci e tenerci, in un qualche modo, legati a sé.

Nel vortice delle domande in cui ogni giorno ci troviamo a destreggiarci, annientiamo i dubbi dinanzi ai nostri sogni, sconfiggiamo le paure, abbandoniamoci alle forti braccia che li contengono, e li proteggono, perché potremmo essere tutto se ci credessimo, perché saremmo il niente se non sognassimo.

Dedicato a chi non ha mai smesso di sognare.

Foto juventusnews.24

Se pochi giorni fa mi sono cimentata in un elenco in cui elencavo i motivi giusti per cui odiare l’estate, oggi si volta pagina et voilà...ecco i 7 motivi per cui amare l’estate.

1. Temptation Island.
No, non sono impazzita. Lo so che lo avevo messo anche nella lista delle cose da odiare ed effettivamente è così, ma c’è un altro lato della medaglia. Avete presente quando avete l’autostima pari a quella dei tombini in autostrada, quando la vostra unica spalla di conforto si chiama frigorifero e nella vostra mente si aprono solo foto e ricordi del vostro ex come pop up fastidiosi tanto quanto il prezzemolo fra i denti? Ecco la soluzione. Una bella puntata di Temptation Island. Ma anche mezza ne basta. Ma anche 5 minuti in realtà perché se poi in quei 5 minuti becchi la frase “Lui ha la pelle troppo secca ed in non la sopporto, gliela pulisco con il cotton fioc” capisci di aver vinto tutto. Ma tutto eh. E di colpo ti rendi conto che la tua vita, in confronto, è più figa di quella di Julia Roberts in Notting Hill. Che botta di autostima.

2. I tormentoni estivi
Qui siamo sulla stessa falsariga del punto numero uno. Se anche Baby K che ogni estate pesca 4 parole a caso dall’urna, le lancia lì e fa partire un sottofondo musicale random è riuscita a fare soldi, allora c’è speranza per tutti. Ma non solo: immaginatevi all’esame di maturità, in una dichiarazione d’amore, di fronte al vostro capo alle prese con la presentazione di un progetto importante, immaginatevi con vostra madre che vi mette davanti carta bianca e vi obbliga a scrivere il bigliettino di auguri per il 92esimo compleanno di quella zia di 17esimo grado (a me succede sempre), o quando non avete la battuta pronta, o ancora di fronte all’uomo della vostra vita a cui dovete dichiarare i vostri sentimenti sorti al secondo anno di asilo…insomma immaginatevi in tutte le occasione in cui dovreste parlare/scrivere e nella vostra testa ci sia solo il nulla cosmico: ecco non avrà mai niente a che vedere con questi fenomeni da spiaggia che scrivono canzoni a caso. Mai niente a che vedere. Per voi il premio Nobel per la letteratura è dietro l’angolo mentre loro costruiscono castelli dorati intorno alla famosa particella di sodio che gioca a nascondino da sola.

3. Il cibo estivo
Abbinatelo come volete, d’estate vale tutto. Tanto la prova costume è frutto dei vostri inverni, non certo di quello che mangerete da giugno a settembre. Ci sono milioni di combo possibili in questo caso. Io d’estate non rinuncerei mai a 3 delizie: il panino con la salamella, la bruschetta ed il gelato (e si vede tutto). Ed in realtà anche i fiori di zucca in pastella di mia madre (e si vedono bene anche quelli). Ed in realtà anche a molto altro perché quelli che “Io d’estate mangio poco perché non ha fame” dovrebbero spiegarmi come cavolo fanno. Io d’estate, d’inverno, d’autunno e pure in primavera, ho fame 7 su 7 h 24, manco fossi un turno all’ospedale. Anche perché il segreto d’estate lo potete leggere nel punto successivo.

4. Leggerezza
Uno dei motivi per cui amare l’estate è sentirsi “leggeri”, nel corpo e nello spirito. Fate di tutto per azzerare i pensieri, per sdraiavi su un’amaca e lasciarvi dondolare dal vento, fate di tutto per chiudere gli occhi e non sentirvi addosso il peso dei rimorsi e dei rimpianti, fate di tutto per camminare scalzi in spiaggia e per perdervi in quei tramonti che, d’inverno, sono troppo lontani da voi. Fate di tutto, ma non fatevi alcuna domanda. La leggerezza è ossigeno puro.

5. Il segno del costume
Che io non sia troppo normale è risaputo. Qui lo dico e qui lo sottoscrivo: per me una delle cose più sexy in assoluto è il segno del costume. E adesso ciao vado a cercarli nelle storie su instagram.

6. I mondiali di calcio femminile
L’estate non è estate senza mondiali di calcio. E allora visto che gli ometti si sono fatti sfuggire l’occasione, ammirate queste dilettanti, combattenti, gnocche da paura, che lottano sul più bel prato verde al Mondo contro avversarie, contro s   e stesse e contro un milione di pregiudizi. Queste sono Donne con la D maiuscola. E non perdete tempo, ammiratele adesso perché quando torneranno nel negozio in cui lavorano abitualmente, in ufficio, tra i banchi dell’università o nelle corsie d’ospedale, probabilmente farete fatica a riconoscerle.
#ragazzemondiali

7. Il ritorno di Beverly Hills
La chiudo così questa classifica. Il 7 agosto (guarda caso) tutti incollati alla tv, torna la serie più amata da chi ha vissuto la sua infanzia/adolescenza negli anni 90, torna Beverly Hills 90210. E sono certa che ci saranno ancora litigi fra “È meglio Brenda o Kelly?”, sono certa che un tuffo al cuore per non ritrovare lì quel moraccione di Luke Perry lo avremo tutte, ma sono anche certa che no, David, non sarà più additato come lo sfigato della compagnia (per info guardare la foto a lato o chiedere a Megan Fox).

Foto: unafotoalgiorno.com
bastardidentro.it

 

 

 

Segni particolari? Amo l’estate.
E perché ami l’estate? Perché la luce del sole ti fa brillare gli occhi.
Il prossimo, grazie.

Eccola qui la stagione più attesa dell’anno. Ed eccoli qui altri tre mesi di fregature dietro l’angolo.
Nella mia personalissima guida vi elenco quelli che, a mio avviso, sono i motivi per cui amare e odiare l’estate. Ho detto amare e odiare cosicché non vi passi per l’anticamera del cervello che io veda solo il lato black delle cose.
Quindi oggi partiamo dai 7 motivi per cui odiare l’estate.

1. La prova costume
È la prima cosa che mi balza in testa. La prova costume è una congiura, è peggio della ceretta all’inguine, è peggio del mignolo sullo spigolo e del grande fratello vip. Se poi avete una madre che d’inverno fa piovere lasagne come se non ci fosse un domani e se sul comodino piuttosto che la bottiglietta dell’acqua, posate i bicchieri di spritz degli aperitivi della sera prima, allora è facile capire come sia tutto più complicato. E non ci provate nemmeno a dire: “Basta darsi un regolata d’inverno, mangiare sano e fare sport”. Grazie al piffero, dattela tu una regolata. Le lezioni moraliste non sono ben accette. Soprattutto se vivi d’aria, hai una taglia 38, superi i 170 centimetri e per te la cellulite è una serie tv. Peggio ancora se ti abbuffi come Bridget Jones e resti negli abiti di Jennifer Aniston. Non rivolgermi la parola.

2. I fancazzisti
Pubblicano foto al 27 maggio e scrivono: “Inverno stressante, quest’anno mi accontento di 2 settimane a Santorini”. A maggio. Giugno, luglio, agosto e settembre? Formentera, Malesia, Bali e New York? A parte il fatto che la cosa più stressante che abbiano fatto i fancazzisti durante l’inverno sia stata alzarsi una sola volta alle 8.35 per portare la nonna all’Esselunga per l’offerta imperdibile sul cappone, quello da utilizzare a Natale, ma poi: avete 21 anni e mezzo, i soldi di Mark Zuckerberg e le auto di Lewis Hamilton in garage, cosa ne sapete voi dello stress? Una randellata sui denti sarebbe il vostro unico premio.

3. Studio aperto
Eccoli qua i geni. Quelli che sanno tutto loro. I “Fabio Volo” dei rimedi estivi (si capisce che io non ami particolarmente Fabio Volo?). “Bevete tanta acqua, non uscite nelle ore più calde, indossate i sandali e w l’abbronzatura (ma non troppo)”. Ciaone proprio.

4. Il calciomercato
Se siete leggermente fissati col calcio e soprattutto se siete degli incalliti giocatori di fantacalcio, un motivo per odiare l’estate è il calciomercato. Perchè la telenovela Sarri – Juve è ancora niente. Avete già dichiarato guerra alla cena dell’ultimo Fanta esclamando “L’anno prossimo sarà il mio anno”, peccato lo diciate dal 2012. Icardi alla Juve? De Laurentis lo pescherà uno buono a sto giro? E le neopromosse? E Milan e Inter saranno il solito bluff? Tutto, dovete seguire tutto. Il talento nascosto può nascondersi ovunque, anche in quel Lecce tornato in serie A che vi ha già fatto dannare anni fa grazie a Chevanton, il ritorno del figlio al prodigo che in un anno fece ben 3 gol e che all’asta pagaste più di un CR7 qualsiasi.

5. I parenti al mare
Un consiglio spassionato: non andate in vacanza dove ci sono parenti che per l’ultima volta avete visto a Natale (o al massimo concedetevi un paio di giorni che c’è sempre qualcuno che si salva). Le domande sono le stesse. Identiche. Anzi con qualche denigrazione in più. Se la vostra situazione sentimentale è più piatta di un encefalogramma di Greys Anatomy, dovete essere diretti e coincisi nelle risposte.
Ma come è possibile che una bella ragazza come te…
È possibile“.
Ma non mi dire che tu non abbia ancora incontrato l’uomo…
Non l’ho incontrato”.
Però ascolta, alla tua età, forse è il caso che…“.
Alla tua età, invece, non t’hanno insegnato a farti una bella padella di cazzi tuoi? Anche un frullato va bene“.
Gente, senza pietà. Non dovete manco farli finire di parlare. Loro non ne hanno per voi. E non illudetevi quando vi dicono “Ti trovo in forma”, perché l’unica che abbiano in testa è quella del Grana Padano stagionato nel 92 ac.

6. La dichiarazione dei redditi
È un’equazione molto semplice: siete più poveri di un tombino, riuscite a pagare più tasse di Silvio Berlusconi (che poi chissà se ad Arcore sia mai arrivato il 730).

7. Temptation Island
Ebbene sì. Poco fa ho sentito alla radio che da lunedì riparte Temptation Island. Non credo di dover aggiungere altro, è sufficiente leggere il mio resoconto di un anno fa. Temptation Island 2018.

 

Una dolce poesia, una citazione romantica, un evento strampalato, una storia strappalacrime, un racconto da ridere a crepapelle, una cazzata, una frase senza senso, uno spunto di riflessione, un’amara verità o una sacrosanta verità: cosa hanno catturato i miei occhi oggi sul web?

Oggi il buongiorno non può che essere rigorosamente così.

Non lavoro per guidare la squadra migliore al mondo, lavoro per poterla battere. Fanno possesso palla, i passaggi giusti, ma è come una canzone silenziosa. Io voglio che una squadra faccia bang. Se da bambino avessi visto giocare il Barcellona degli ultimi anni, credo che avrei giocato a tennis“.

Jurgen Klopp

Il resto è noia, il resto è storia, follia e magia.

Se al mattino il panorama dalla vostra finestra non è esattamente questo, e se un panorama così non lo trovate nemmeno nel vostro letto o ancor peggio nemmeno se sfogliate tutte le foto profilo whatsapp di tutti i numeri salvati dal 92 ad oggi (compresi quelli dell’idraulico che vi ha sistemato il water nel 2012 e dei flirt estivi dell’estate 2004 quando eravate giovani, poco più che maggiorenni, magre e con le tette), non vi resta altro da fare se non passare in via Carlo Noè a Gallarate. Perché Yamamay che spesso ha fatto in mille pezzi la nostra autostima con poster di strafighe da urlo capaci di creare coda anche alle 3 di notte, per una volta si è ricordata delle comuni mortali che non solo per indossare un completino da top model devono vendere un rene causa tour “tutto compreso” dal chirurgo plastico ma che soprattutto uno così only nei poster, col binocolo, di passaggio e mettiamoci pure un po’ di nebbia.

Grazie yamamay, grazie CR7, il bel paese è ancora più bel da qualche mese a questa parte

Ps. No, non è una grattugia per il formaggio e no, i quadratini non sono quelli di tetris.