Day 5 – Devo essere proprio noiosa quando racconto quello che vivo e come lo vivo, ma non posso nemmeno discostarmi troppo dallo sguardo che i miei occhi hanno sulla realtà, da ciò che assorbono portandolo in un’orbita parallela, quella dimensione intoccabile a chiunque ma non dal vento. Il vento è l’unico compagno di viaggio in questo pianeta oscuro, accarezza i sogni e riesce sempre a soffiare per potarli un po’più in là, e più in là è un posto bellissimo.

La prima immagine che rimembro di questa lunga giornata è una scolaresca di piccolissimi alunni vestiti di tutto punto con magliettina bianca, si mettono in fila per due e varcano lo Stadio Olimpico. Poi eccoli lì, in un pezzettino di curva che trasformano in nuvola bianca al contagioso grido di “Italia, Italia”.

La seconda immagine sono gli occhi di Sibilio: piangere alle 21.07 non dovrebbe essere permesso dalla legge. Ma se ti vesti d’argento dopo un 400 hs in cui abbatti il record italiano di Fabrizio Mori che durava da 23 anni, se oltre quel traguardo sei lacrime, storia, forze stremate, l’abbraccio con il capitano, il primo dei normali dietro l’alieno Warholm, è perché il velo sugli occhi è polvere magica che rende perfetta una serata indimenticabile.

La terza immagine sono le braccia al cielo di Nadia Battocletti e la standing ovation. Dopo 10 mila metri nemmeno l’Olimpico ce la fa a stare al proprio posto, si alza in piedi, si spella le mani, strabuzza gli occhi, Battocletti è d’oro grazie alla capacità incredibile di rendere semplici le cose difficili, è una semplicità che miete nello sguardo, nella calma con cui si presenta ai microfoni post fatiche europee, nella compostezza con cui fa il giro d’onore, nell’abbraccio con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. 

E allora eccola la quarta immagine, il Presidente. Ottantatré anni e restare svegli fino alle 23 già non è da tutti, diciamolo. Arriva quasi puntuale e si gode la serata, si prende la scena giusto il tempo dell’Inno di Mameli, poi sa che Roma, questa sera, non ha occhi che per i suoi eroi azzurri e si fa da parte con galanteria, ma non dimentica di rispondere con un inchino ad un altro inchino, non dimentica di lodare chi sta portando in alto il tricolore azzurro.

La quinta immagine è la composizione di un quadro astratto d’inestimabile valore: Gimbo Tamberi, olio su tela. 
È sempre una storia nella storia. Entra in pista e parte lo show, aizza il pubblico, strizza l’occhio alla telecamera, va alla ricerca di Mattarella e gli manda un saluto commosso, indossa la sua divisa preferita, abbraccia Lando e Sottile, ed inizia a volare. A 229 centimetri da terra il volo s’interrompe per due volte, le spalle sono già appoggiate al muro, e l’unica via di fuga è non cadere nell’affanno e aggrapparsi alla pazienza, una pazienza fatta di consapevolezze. Spalle al muro Gimbo non molla mai. Mai. Ma proprio mai. Spalle al muro è solo un modo per prendere la rincorsa e volare ancora più su, sospinto dal fiato sospeso di una curva che non ha occhi che per lui. Alla voce morire e risorgere capeggia un solo nome e no, non è quello che religiosamente parlando tutti pensano. È quello di un marchigiano che nelle difficoltà si esalta, vezzo tipico dell’italiano vero. E allora Gimbo Tamberi vola, e vola a 231, vola a 234, strabilia a 237, piazzando la miglior misura della stagione a livello mondiale. Non ci si crede. S’inventa lo show di un finto infortunio e di una molla in una scarpa, 30 secondi di panico puro in cui l’Italia trema, mentre quel matto da legare gongola. Si è di nuovo ripreso l’Europa, in attesa del mondo, in attesa dell’Olimpo, e lo ha fatto nell’unico modo che conosce, tra talento e follia.

Date un’occhiata alla luna stanotte, le donerà persino la mezza barba…da quelle parti, e solo da quelle parti, potrete trovare Gimbo Tamberi.

Buonanotte Roma

Foto European Athletics

QUI IL RIASSUNTO DEL DAY 4

Cari Europei di atletica, da dove partiamo stasera? Partiamo dalla capatina al negozio: che fai non la compri la maglietta di Roma 2024? La compri eccome, e già la immagini incorniciata e piena di firme, da buona teenager sempre viva dentro. Fuori dallo stadio c’è una sana aria di festa, tra un panino ed una birra e la caccia al gadget di turno, con il sole che fa capolino dando incoraggianti segnali d’estate. 
Passo dopo passo sei di nuovo all’ingresso e pensi, “è ancora più bello di ieri”, non sembra possibile, ma è così per davvero.
E da lì via con quelle stramaledette emozioni, le provi una volta e ne vuoi sempre di più, non ti accontenti mai. Creano dipendenza.

Ci provano nei 200 metri Siragusa e Kaddari, niente finale per loro, ci provano Bruni e Molinarolo nell’asta, ma quell’asticella là in alto ad un certo punto diventa barriera insormontabile, il materassone culla e consola, come l’abbraccio del pubblico; ci prova, ci crede, fa sperare tantissimo Luca Sito. Il giro di pista è un giro d’onore che a 21 anni, pulito e sfacciato allo stesso tempo, vivi con orgoglio e coraggio, ma il coraggio a volte basta per sparigliare le carte e solleticare i big, poi ti frega sul traguardo quando arriva per primo insieme al cuore ma lascia indietro le gambe. È 5° posto ed uno stadio intero che canta “Luca, Luca”. Sito è uomo adulto, da qui non si torna più indietro. 
Zoghlami nei 3000 siepi è una bomba ad orologeria, ma esplode troppo presto, l’all-in della serie “Scappo e vediamo se mi prendono” non ha funzionato, tutta esperienza da mettere in saccoccia. 

Tocca di nuovo ai decathleti. Lasciatemi fare una domanda: ma il fegato dei decathleti quanto è grosso? Più o meno di quello dei peggiori frequentatori dei bar del Bronx? Chiedo eh. Perché loro fanno tutto. Ma tutto. Servono i pop corn al bar, passano dagli spogliatoi per una pulitina, aizzano il pubblico, e nel mezzo ci piazzano pure 10 gare in pochi giorni. Immensa stima per Dario Dester e Lorenzo Naidon, portacolori azzurri dal fegato enorme ma anche gambe forti.

“La Notte Vola” cantava Lorella Cuccarini, il volume lo alza Sara “gli occhi della tigre” Fantini: orooooooooooooooooooooooooo! Quel martello che vola fino a 74.18 e lei che voleva prendersi Roma si è presa l’Europa intera. Poi ride e piange, piange e ride ed abbraccia la primatista al mondo, la polacca Wlodarczyk che questa sera si è dovuta inchinare di fronte all’azzurro vivo accecante di quegli occhi fidentini, fari nella notte romana.

Ma non è finita, non è ancora finita, anzi non finisce mai soprattutto quando c’è l’Italia di mezzo. Siamo all’ultima portata di una cena filata via liscia, con un dolce da chef stellato, ma se la torta è servita manca la ciliegina e a guardarla bene persino la targhetta di cioccolato. I 200 metri hanno tutti gli ingredienti per essere dolcissimi, ma c’è un cameriere tedesco che inciampa sul più bello: Hartmann, uno dei favoriti, viene tradito dalla tensione e commette una falsa partenza che gli costa il cartellino rosso, gli altri commensali al tavolo iniziano forse a leccarsi i baffi con largo anticipo, ma la torta, ahinoi, è amara: Filippo Tortu perde l’occasione di mettersi al collo un oro europeo che dopo la straripante semifinale di ieri godeva di tutti i favori dei pronostici, la medaglia è d’argento ma pesa come un macigno sul cuore e su un sogno rimasto a metà, svanito, addirittura, per Fausto Desalu:Quel bronzo poteva essere mio, ho sporcato la corsa sul più bello e perso una grande occasione, ma sono sereno perché so come sto lavorando, perché sono lo stesso atleta di ieri che ha fatto la gara che ha fatto, questo è lo sport, si accetta, non si trovano scuse e si va avanti”.

E allora guardiamo avanti perché il day 5 degli Europei di Atletica vorrà rimpinzare un medagliere che da stasera tocca quota 17 (8 ori), il day 5 crea aspettative fameliche e tra poche ore alzerà il sipario su una lunga giornata pronta ad assumere le sembianze di una sbornia collettiva…inizia a shakerare Gimbo!

Buonanotte Roma

Foto European Athletics

QUI IL RIASSUNTO DEL DAY 3 – EUROPEI DI ATLETICA

Chiudi gli occhi, respira, gira l’angolo, passa a ritirare l’accredito ed affacciati sul vialetto…lo vedi là in fondo e senti già un certo fascino che ti avvolge, diciamoci la verità l’Olimpico è l’Olimpico, e se ci metto che il contorno è quello di una delle città più belle del mondo, sai già che sarà un’altra bella storia. Basterebbe questo per raccontare il mio primo giorno agli Europei di atletica, perché è più forte di me, perché quando respiro un’aria sana di sport e passione, riesco a mettermi alle spalle persino i peggiori malumori delle settimane premestruo.

L’Olimpico prima ti spalanca le porte e poi ti abbraccia, apre lo scrigno e svela uno dei miei primi veri amori, l’atletica. La bellezza del gesto tecnico sportivo per eccellenza io la vedo sempre racchiusa lì, in un’asticella che vibra, nella sabbia dorata che ti sfiora la pelle, nel religioso silenzio che accompagna l’attesa fino allo sparo, quando poi esplode tutto e parte la danza. Questa è l’atletica, gli sforzi di una vita in 10’’, in un centimetro più in su o più in là, nei denti stretti di un finale in cui le gambe non reggono più ma la fatica diventa tua alleata.

Certo poi mettici un Tortu che spara a bomba, la curva pennellata di Desalu, ed i bronzi di Tecuceanu e Dosso, uno acciuffato in rimonta l’altro al fotofinish, mettici il medagliere che tocca quota 15 ed un collega che ti strappa due risate, mettici la pioggia, i campanacci degli svizzeri ed il “tutti pazzi per Ciara Mageean”, mettici, infine, la mixed zone, ed i commenti a caldo, più le dita stanche su di una tastiera che digitano emozioni e le lasciano lì, imperfette come non mai ma leggere come sempre.

Buonanotte Roma 2024, ci vediamo domani. 

Foto European Athletics

In una fredda Chiavari si consuma l’ultimo atto delle final four di Supercoppa Italiana di calcio femminile, una supercoppa che finisce nella mani della Juventus di mister Guarino. Bomber in grande spolvero è Barbara Bonansea. L’attaccante con il numero undici sulle spalle trascina con una doppietta le sue compagne alla conquista del primo titolo stagionale.

Supercoppa Fiorentina

Supercoppa Femminile Juventus – Fiorentina (Mary Seven/maryseven.it)

Un gol per tempo e la Juve parte o meglio riparte da una vittoria enorme, frutto di una partita pressoché perfetta.

Prendere la valigia e andare dopo tanti mesi pareggia i conti con il freddo patito in questa due giorni. Lo spettacolo però dello stadio di Chiavari, tornare a vivere l’atmosfera del calcio giocato, ed immergersi, seppur con le dovute distanze e con la nostalgia di un pubblico che oggi avrebbe certamente reso onore a questi novanta minuti, hanno fatto il resto. Mary Seven bimba felice 1 duemilaeventuno 0.

Ecco la mia cronaca per sportal.it

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Domenica amara per la farfalle biancorosse che nella prima giornata di ritorno incappano in una sconfitta che brucia contro una Zanetti Bergamo sicuramente alla portata delle ragazze di coach Mencarelli.
La sconfitta matura in un Palayamamay che ci prova in tutti i modi a sostenere le sue atlete, ma in poco meno di due ore di gioco le biancorosse soccombono per 3 a 1 alle loro avversarie.

Per il resoconto completo della gara ed i commenti al termine CLICCA QUI.
Per le pagelle, che vedono diverse bocciature, CLICCA QUI.

 

Lo sapete che noi donne amiamo dare i numeri, giusto?
E allora eccoli qui.
La prima giornata di Champions League vedeva, fra le altre, la partitissima Valencia – Juventus.
Non sono mancati gli episodi eclatanti, espulsione di Ronaldo su tutti, non mancati i rigori e per fortuna nemmeno la freddezza di Miralem Pjanic, valsa un secco ed importante 0 a 2.
Ma un po’ più dettagliatamente, come se la sono cavata gli uomini di mister Allegri?
Ecco i miei voti andati in scena su SPORTAL.IT

È una partenza col botto quella che il Cantello Belfortese riserva alla prima giornata di campionato in prima categoria. Vittima la Valceresio di mister D’Onofrio che subisce due gol nei tre minuti iniziali, gol firmati Da Pos e Giacopinelli, e che poi non trova la forza di reagire nemmeno nella ripresa quando a calare il tris sono sempre i ragazzi di casa grazie al primissimo gol in questa categoria di Samuele Motta.

Il big match vede quindi vincere Ossola e compagni per 3 a 0, fra sette giorni sarà tutta un’altra storia ma questa domenica a cantare è il “cuore belfio”.

Per la cronaca della partite e le interviste al termine, clicca QUI

Si sono spenti i riflettori sull’Olympiastadion, è calato il sipario sul teatro di mille battaglie che in questi sei giorni è stato l’ombelico dell’Europa regalando una Berlino 2018 davvero esaltante, emozionante fino alla fine.
Nella serata conclusiva spicca la favola di Armand Duplantis che nel salto con l’asta fa stropicciare gli occhi agli oltre 40 mila tifosi accorsi per godersi per l’ultima volta lo spettacolo. Il neanche 19enne è da record assoluto, è una forza della natura è colui che riesce a frantumare il proprio personale (5.93) arrivando a compiere un volo pindarico che vale 6.05, il record mondiale under 20 ed una meravigliosa medaglia d’oro; piccolo dettaglio, fa tutto al primo salto. Nemmeno nei più bei sogni deve aver immaginato qualcosa di simile. Dietro di lui il russo Morgunov e l’eterno Renaud Lavillenie.
Ma è anche la serata in cui gli azzurri deludono, purtroppo ancora una volta. Se Mattuzzi nei 3000 siepi è 15°, se le ragazze della 4×100 fanno il loro giungendo 7°, se Claudio Stecchi nell’asta non può nulla contro quei mostri sacri, sono gli staffettisti a concedere la delusione più grande. Tortu e compagni nella semifinale in cui giungono terzi e quindi pass per la finalissima accordato, ma commettono un’irregolarità al secondo cambio quello che avviene tra Desalu e Manetti. Zero scuse ahinoi, si va a casa ancor prima di giocarsela e a testa bassa.
Fa male, inutile nasconderlo, fa male perché questa staffetta veloce lasciava ben sperare, fa male perché c’era tanta voglia di rivalsa da parte di Filippo Tortu, fa male perché ci eravamo aggrappati a questi 4 ragazzi per gioire ancora una volta prima di chiudere le valigie e fare ritorno a in Italia.
Da domani sarà tempo di analisi, sarà tempo di capire se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto, tirare una riga e ricominciare, stasera invece con il groppo in gola ed un magone quasi inspiegabile, non resta che guardare ancora qualche  secondo l’Olympiastadion prima di voltargli le spalle per puntare immediatamente lo sguardo verso altri lidi ed altri orizzonti.

Il mio resoconto ed interviste per sportal.it

Spesso dicono che il buongiorno si veda dal mattino e se il buongiorno, o forse il buon appetito vista l’ora delle premiazioni, coincide con quel meraviglioso inno nostro e solo nostro, allora mettetevi comodi perché ci aspetta una rush finale da urlo.
C’è il sole oggi a Berlino e continuerà ad esserci perché tre medaglie, tutte e tre di colore diverso, conquistate nella maratona, valgono tanto, tantissimo. L’acuto di bronzo di Rachik nella prova individuale, la conferma di due squadre attrezzate e solide che si piazzano rispettivamente sul secondo (donne) e sul primo (uomini) gradino del podio riportano l’Italia a sorridere dopo l’amara serata di ieri in cui tutto è rimasto ad un soffio.
Un intrigo di sensazioni attende gli atleti in mixed zone, dove è un attimo strappargli dal petto le emozioni più profonde, che sparpagliate a caldo sui microfoni profumano ancora di adrenalina pura; ritrovare poi quegli “eroi” a sfilare tra la folla, ad applaudire, esultare e a cantare l’Inno di Mameli, allinea pianeti, coincidenze, caparbietà ed il sacrificio di questi ragazzi che con le unghie e con i denti sono arrivati là dove sognavano ma dove non osavano immaginare. E la vista, sono certa, dal gradino più alto del podio dev’essere bellissima, soprattutto quando gli occhi si posano su quelle tante bandiere che sventolano e su quel tricolore che stavolta sì, e per davvero, spicca più in alto di tutti.
E’ un giorno bellissimo in casa azzurra.

LE MIE INTERVISTE PER SPORTAL.IT

Speranze e rimpianti, non lo si può definire in maniera diversa questo sabato sera di atletica in cui qualche sorriso c’è stato bagnato però dalla lacrime finali di un 4×400 femminile che, incredibilmente, va lontana dal podio.
Cosa sia successo non è dato saperlo, o meglio i tempi sono sotto gli occhi di tutti, ma cosa sia successo nella testa e nelle gambe di quattro ragazze autrici di una stagione pazzesca in questa gara, resta un mistero, o forse ancor di più un rimpianto. Così va lo sport: sulla carta puoi essere re o regina indiscussa di qualsiasi regno, nella realtà bisogna fare i conti non tanto con quello che si è per davvero, quanto con quello che si riesce a fare e a dimostrare. Purtroppo, fa malissimo dirlo, ma questa sera questa staffetta ha dimostrato di non essere all’altezza della situazione e domani forse farà ancora più male quando ci si renderà maggiormente conto della chance sprecata. Azzerare e ripartire è l’unica cosa da fare.
Cambia nella forma e nel contenuto il discorso della staffetta maschile, non cambia agli occhi di un’Italia che avrebbe voluto e potuto fare di più. Sesti ed un tempo altino, c’è da lavorare ma i mezzi ed il materiale per farlo non mancano vista la giovane età dei protagonisti e tutta la loro volontà.
Quanto alle speranze, ai sorrisi, ne abbiamo di tre tipi: quello timido di Gianmarco Tamberi che torna a farci sognare e che incappa in una serata da urlo, per gli altri, in una serata che non gli capitava da tempo, per lui. Già perché le sensazioni sono che Gimbo stia piano piano tornando ai suoi livelli e non prendere medaglia stasera con quel 2.28 fatto al primo tentativo, sa tanto di beffa, l’ennesima, dopo infortuni e sfighe varie. Resta il fatto che questo ragazzo, così esuberante, coinvolgente, istintivo e passionale, è uno dei maggior talenti a cui l’atletica debba aggrapparsi per far sì che i riflettori restino accessi.
Dal sorriso “timido” di Gianmarco, a quello determinato di Yeman Crippa. I 5000 metri questa sera sono stati l’ennesimo banco di prova di un ragazzo che già si era preso il bronzo qualche giorno fa nella distanza doppia e che continua a crescere a dismisura lasciando ben sperare (anche in virtù della giovane età, soli 21 anni per lui) in vista di un futuro che è tutto dalla sua. Certo, come per Gimbo, 4° dà l’orticaria, però ti porta pure lì lì, al passo con i grandi.
Infine il sorriso più dolce, più spontaneo, più contagioso e coraggioso: quello di Daisy Osakue che dopo la nota e triste vicenda accaduta qualche settimana a Torino, ha trovato la forza di reagire e la prontezza di rialzarsi subito, presentandosi alla finalissima di Lancio del Disco ed arrivando anche ottimamente in 5° posizione. Not bad.
Non resta che aggrapparsi all’ultimissimo giorno di campionati, ed aggrapparsi all’ultimo giorni di campionati significa in primis aggrapparsi a Filippo Tortu. Il velocista azzurro a proposito della 4×100 m qualche giorno fa ha affermato: “la gara più importante della stagione”, speriamo che questa volta, però, anche la perfezione si tinga un po’ d’azzurro o quando meno speriamo che il buongiorno di domani sia tanto simile a quello di oggi, quando ci ha pensato Antonella Palmisano ad addolcire le nostre colazioni con un bronzo di cuore di panna.

 

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