Sì lo so, mi sono persa Julio Velasco (ma lo avevo già visto un anno fa) e Mario Balotelli, e ho dato solo una sbirciatina ad Andrea Dallavalle e Alisha Lehmann, ma la verità è che una volta capito come funziona il Festival dello Sport, vorresti durasse almeno un mese e mezzo e soprattutto non vorresti mai vedere accavallati gli eventi. È difficile da spiegare se non lo vivi da dentro, ma non è un caso se mi sono sparata 5 edizioni ed ogni volta mi sembra una volta totalmente nuova.

…e mentre scrivo queste righe, rientrata a casa da poche ore, stanca, provata, ma arricchita, sento già la nostalgia delle corse frenetiche e degli appunti presi ovunque, degli sprint tra un teatro e l’altro e degli spritz ingurgitati in pausa pranzo, dei sorrisi con gli addetti ai lavori, che permettetemelo si fanno un mazzo enorme, e del sole cocente che mi ha quasi sorpreso, ma allo stesso tempo ha illuminato una Trento piena e grata. Piena e grata come lo sono io, che non ho ancora smesso di crederci né tantomeno di ricaricarmi, provando ad immergermi con tutte le scarpe in una realtà così difficile, ma decisamente mia.

Tradotto, e detto fuori dai denti: il mio lavoro dal vivo è tutta un’altra storia. È triste sapere che la maggior parte delle redazioni si affidino alle agenzie, ai contenuti buttati lì o raccattati sul web. L’amore che provo per questa professione va ben oltre il compitino, sperimentare, provare, sentire, cogliere dettagli e sfumature, sono cose che mi riescono piuttosto bene solo se le ho a portata di mano, abbastanza vicine non tanto per toccarle ma per poterle ammirare in silenzio, scandendo le sensazioni con i tempi dei miei respiri, e lasciare che, tra l’uno e l’altro, avvenga la magia.

Sarà quel che sarà, intanto mi godo il momento senza pensare troppo, e mette questo Festival dello Sport, ancora una volta, nel mio bagaglio di cultura e pensieri, facendomi inspirare dalle storie di vita, e permettendo alle mie emozioni di volare libere senza mai sentirsi, nemmeno per un secondo, fuori posto.

Ho ancora tante cose da scrivere e da dire su questi 4 giorni, ma per il momento goodbye Festival, si spengono le luci, domani sarà un nuovo giorno.

Festival dello Sport, Kelly Doualla

Festival dello Sport

“Ami le interviste? No, né io né i miei genitori” (Kelly Doualla)

“Nella vita di tutti i giorni sono una ragazza di 3 superiore che va al liceo scientifico con indirizzo sportivo, dopo scuola ci sono gli allenamenti e il corso di inglese, altrimenti non riesco a parlare nelle interviste” (Kelly Doualla)

“Che bambina ero? Non riuscivano a starmi dietro, a 7 mesi già camminavo e scappavo” (Kelly Doualla)

“Quando corro non provo nulla, mi sento libera, l’ansia ce l’ho prima della gara, è quella che mi fa correre ancora più veloce, poi quando arrivo al traguardo si riaccende tutto” (Kelly Doualla)

“Ringrazio sempre al plurale, ho capito dopo un infortunio che se mi faccio male io tante persone soffrono con me, io l’ho presa sul ridere sperando facessero lo stesso anche gli altri ma non è andata così, da lì ho capito che siamo una squadra” (Kelly Doualla) 

“Egonu e Sylla, sono di grande ispirazione per il modo in cui rispondono le critiche, per come lottano per la maglia della nazionale” (Kelly Doualla)

“Il mio idolo in assoluto è Shelly Ann Fraiser, una volta l’ho incontrata, mi ha dato un sacco di consigli, li ho capito che l’inglese mi serve” (Kelly Doualla)

“Quando vado a scuola incontro i vecchietti che vogliono fare i selfie con me, ogni volta tre ore perché non sanno come si mette la fotocamera” (Kelly Doualla)

“Los Angeles? Spero proprio di esserci, ogni atleta sogno l’Olimpiade, ma io sono anche il record” (Kelly Doualla)

Festival dello Sport, Federico Bernardeschi

Festival dello Sport

“A 16 anni un piccolo problema al cuore, si era anche parlato del fatto che non potessi più giocare a calcio” (Federico Bernardeschi)

“Davide Astori era lui, la sua specialità era lui” (Federico Bernardeschi)

“Davide mi dava il buongiorno con uno scappellotto “Tanto da qui alla fine della giornata uno te lo meriti” (Federico Bernardeschi)

“Se hai avuto la personalità di scrivere il tuo nome di fianco al numero dieci, avrai anche la personalità per portarlo” (Paulo Sousa sul numero 10 in viola)

“La 10 la chiesi anche alla Juve, non me l’hanno data forse anche per proteggermi, ma poi è giusto l’abbia indossata Paulo Dybala” (Federico Bernardeschi)

“Mi batto per la libertà. Che ognuno si senta libero di fare ciò che vuole nel mondo” (Federico Bernardeschi)

“Quella con l’Atletico non fu una partita, fu la partita, la più bella della Juve degli ultimi 10 anni” (Federico Bernardeschi)

“Vorrei rigiocare la partita con l’Ajax, quell’anno eravamo pronti per vincere la Champions” (Federico Bernardeschi)

“Ronaldo è un grande uomo, molto umile, più di quanto si possa immaginare, ha riscritto la storia del calcio e dello sport” (Federico Bernardeschi)

“Mentre andavo verso l’area con il pallone tra le mani mi tremavano le gambe, quando posai quel pallone sul dischetto tutto si fermò: sembra che l’Italia faccia schifo da decenni, invece 4 anni fa siamo stati campioni d’Europa” (Federico Bernardeschi)

“Io e Federico ci rincontreremo al Mondiale” (Bernardeschi su Chiesa)

Foto Alessandro Gennari
Foto archivio stampa provincia autonoma di Trento

QUI IL RESOCONTO DEL DAY 1

QUI IL RESOCONDO DEL DAY 2

QUI IL RESOCONTO DEL DAY 3

Anche il 3° di questo Festival dello Sport non si è limitato nei racconti e nelle risate, e ancora una volta ha lasciato andare le emozioni, liberandole nei consigli di Mattia Furlani, nelle risate di Zlatan, nella maturità di Larissa Iapichino, negli aneddoti Pellegrini – Giunta.

C’è stato tanto, tantissimo, anche in questo day 3, ma la verità è che c’è sempre tanto basta solo saperlo cogliere, negli sguardi commossi, nei sorrisi timidi, nei silenzi forse ancora di più, che a volte la parole non bastano, interrompono melodie idilliache che vanno dal cuore alla mente in un suono mai stonato e mai banale.

Ecco come è andato, secondo i miei occhi ed il mio cuore, questo day 3, ecco i miei “scarabocchi” nero su bianco di questo Festival dello Sport che continua.

Festival dello Sport, Mattia Furlani

Festival dello Sport

“Abbiamo sempre rispecchiato una crescita biologica in questi anni, non abbiamo ancora introdotto a pieno un lavoro da adulto” (Mattia Furlani)

“In questi anni ho avuto un’educazione da atleta, non è scontato, non tutti ce l’hanno” (Mattia Furlani

“Mostri serenità e non fatica anche mentre voli”.
“Il lavoro ti entra talmente tanto in testa che poi non ci penso e viene tutto automatico” (Mattia Furlani)

“Duplantis è la dimostrazione di quello che è essere un atleta, fa quello che fa perché è sano, il resto è una conseguenza” (Mattia Furlani)

“Non potevo uscire da Tokyo senza aver dato tutto” (Mattia Furlani)

“Al quinto salto ho unito i puntini, mio fratello dice che è il salto più importante” (Mattia Furlani)

“La sabbia? È odiosa. Ma quando firmi il contratto da atleta lo sai che ti tocca” (Mattia Furlani)

“Certi giorni fai il bagno di un’ora e mezza, con la schiuma, la paperella, lo shampoo, poi mi asciugo e tutto, vado a letto, mi tocco dietro l’orecchio e trovo la sabbia…mi viene l’urto” (Mattia Furlani)

“Quando entro in pedana un po’ di ignoranza serve sempre” (Mattia Furlani)

“Somiglianze? Me ne hanno dette tante ma mi ritrovo di più in Mattia Furlani” (Mattia Furlani)

Non ho mai avuto bisogno di descrivere la mia famiglia perché ha sempre fatto parte del mio percorso (Mattia Furlani)

La sconfitta fa parte del percorso, crea motivazione, è una parte fondamentale (Mattia Furlani)

La limousine è 8,39? Cavoli, tanta roba (Mattia Furlani)

214 supplì sono 8,39 (Mattia Furlani)

8,95 irraggiungibile? Io penso che tutto sia possibile (Mattia Furlani)

I bambini giocano alla play, i veri giocatori giocano da Pc (Mattia Furlani)

Saresti disposto a vedere la Lazio vincere la Champions per raggiungere 8,96? I record restano, della Champions poi ci si dimentica, direi di sì (Mattia Furlani)

“E accettare la Roma in serie B? Dai…un anno vola, si può fare” (Mattia Furlani)

“Ho tanti modelli oltre l’atletica, uno di questi è Jannik Sinner” (Mattia Furlani)

Dieci colpi di tacco made in Roberto Mancini

Festival dello Sport

“Il colpo di tacco non si pensa, si fa” (Roberta Mancini)

“Uno dei colpi di tacco più difficili quando a 13 anni ho detto a mia madre che me ne sarei andato da Jesi. Ma li ha rischiato mio papà, gli ha detto “Se succede qualcosa me la prendo con te” (Roberta Mancini)

“Mancini lo descrivo con un aggettivo: empatia, unica quella che aveva creato all’interno del gruppo” (Lele Oriali)

“Com’è che vedi i giocatori prima di tutti? Diciamo che è una cosa che mi esce abbastanza bene” (Roberta Mancini)

“Hai chiamato Zaniolo in Nazionale quando non aveva mai giocato in A e B, era il tuo grido di allarme? Non lo so, a me lui piaceva” (Roberta Mancini)

“Rino è nel posto più bello in cui possa essere” (Roberta Mancini)

“Ci andiamo al Mondiale? Sì, stavolta sì” (Roberta Mancini)

“Hai sognato di tornare post Spalletti? Sì, ma sapevo fosse difficile” (Roberta Mancini)

“In 2 anni e mezzo hai perso Luca, Sinisa, Erikson, …, è stato difficile. Sì, anche perché io non ho la stessa forza che hanno loro, ma neanche la metà” (Roberta Mancini)

“Tutto questo ha cambiato il tuo rapporto con la fede? No, quello mai, nemmeno cose ben peggiori ci sono riuscite” (Roberta Mancini)

“Il decimo “colpo di tacco?” Non lo so, qualcosa bolle in pentola ma devo sentirlo dentro; la panchina mi manca, mi manca il campo, sono un uomo che vive di calcio” (Roberta Mancini)

“Il fatto che tu finisca la tua carriera alla Samp è solo una suggestione? No, è sicuro” (Roberta Mancini)

Festival dello Sport, Zlatan Ibrahimovic

Festival dello Sport

“Hanno detto 12 campionati, sono 14 sul campo” (Zlatan Ibrahimovic)

“Tutto quello che voglio fare è vincere, devo vincere, è nel mio dna” (Zlatan Ibrahimovic)

“Non è facile per i miei figli, sono già giudicati per colpa mia” (Zlatan Ibrahimovic)

“Quello che otterranno se lo devono meritare, non lo otterranno per il cognome che portano” (Zlatan Ibrahimovic)

“Ho detto non sono sposato, quando gliel’ho chiesto mi ha detto no. Unica persona al mondo che mi ha detto no. Ma ogni giorno che passa siamo più forti” (Zlatan Ibrahimovic)

“Luka Modric è un maestro, lui non gioca a calcio lui è il calcio” (Zlatan Ibrahimovic)

“La foto dopo Milan – Napoli spiega tutto. Non c’è bisogno di troppe parole” (Zlatan Ibrahimovic)

“Ci fosse stato lui (Modric) quando giocavo io, allungavo la carriera di un paio di anni” (Zlatan Ibrahimovic)

“Guardiola e Mourinho hanno cambiato il calcio” (Zlatan Ibrahimovic)

“Fabio Capello mi ha portato alla Juventus, da qui mi sono trasformato in fuoriclasse, ho fatto l’ultimo step” (Zlatan Ibrahimovic)

“Non è un rimpianto il Pallone d’Oro. È molto strano che non lo abbia vinto, uno, anzi più di uno” (Zlatan Ibrahimovic)

“Francesco Camarda è una bella storia, aspettavo il primo gol per postare questo messaggio. È il numero 9 che manca all’Italia” (Zlatan Ibrahimovic)

“Top 3 di tutti i tempi: Zlatan, Ibra, Ibrahimovic” (Zlatan Ibrahimovic)

“Top 3: Ronaldo fenomeno, Maradona, Messi” (Zlatan Ibrahimovic)

“La passione per le Ferrari mi ha allungato la carriera di almeno 5 anni. Costano” (Zlatan Ibrahimovic)

“I miei 3 capitoli al Milan: il primo la felicità, il secondo l’amore, in questo terzo voglio restituire tutto, facciamo la storia” (Zlatan Ibrahimovic)

Rana d’Oro: Martinenghi – Cerasuolo

Festival dello Sport

“Ogni singola medaglia che raggiungi porta con sé una serie di sacrifici, alla fine cambia il palcoscenico ma il risultato è lo stesso” (Nicolò Martinenghi)

“In finale non vince il più veloce ma il più forte (Simone Cerasuolo)

“Non sono mai stato il più forte che si tuffava in acqua, ma io mi ripeto sempre che so gestire, so essere al posto giusto al momento giusto” (Nicolò Martinenghi)

“Quelle poche volte in cui batto Niccolò, mi sembra di aver battuto il mondo. Ha vinto tutto e continua a vincere” (Simone Cerasuolo)

“La rana è lo stile più creativo” (Nicolò Martinenghi)

“Dopo Parigi sensazione era quella di smettere, quando raggiungi qualcosa che sogni da quando sei bambino nessuno ti può insegnare come affrontare il post successo, da una parte vorresti vivere tutti i giorni quel momento, dall’altra ti metti in discussione, perché ti senti completo. Ma sei davvero completo?” (Nicolò Martinenghi)

“Quando salgo su un blocco mi sento sempre una versione nuova di me stesso” (Nicolò Martinenghi)

“So che ho detto detto che baratterei una medaglia olimpica per la Champions della Juve, lo ritratto un po’, facciamo che arriviamo entrambe in finale e poi vediamo che succede” (Simone Cerasuolo)

“Siamo dei privilegiati, abbiamo fatto del nostro gioco preferito, il nostro lavoro” (Nicolò Martinenghi)

“Ho una casa in tutto il mondo, non per le mie ricchezze ma per le persone che conosco” (Nicolò Martinenghi)

“Se avessi scelto il basket sarei a lavorare con mio papà, ma il basket ha qualcosa di magico, in una squadra gioisci anche per un risultato che è di tutti” (Nicolò Martinenghi)

Festival dello Sport, Pellegrini – Giunta

Festival dello Sport

“Da buon pesarese sapevo che la sua basa alcolica non fosse solida come la mia, da buona veneta, e quindi per il primo bacio ho puntato su quello” (Federica Pellegrini)

“A Rio ho avuto un ritardo di 10 giorni, mi sono trovata a fare la gara nei giorni pre ciclo, i peggiori, mi sono giocata la medaglia per quello, è uno sport in cui si vive di centesimi” (Federica Pellegrini)

“A Rio ho incontrato Matteo dopo i giornalisti e gli ho detto “Un dolore così grande non voglio più provarlo nella vita, per me basta, è finita qui”, poi dopo un mese ci siamo rivisti a Pesaro e gli ho detto Domani si ricomincia” (Federica Pellegrini)

“In viaggio per Gwangju le metto Dumbo e lei scoppia a piangere, ma un pianto a dirotto, ho pensato “Ci siamo giocati il Mondiale per Dumbo” (Matteo Giunta)

“Mamma, ho questa libellula rossa che mi segue in tutto il villaggio”, “Vedrai che andrà bene” Me la sono tatuata, è per Alberto Castagnetti” (Federica Pellegrini)

“Siamo tutti perennemente alla ricerca di questa felicità, la società di oggi ci impone che soldi e denaro siano la felicità ma non è così, per me la felicità è Fede e Matilde, è nelle piccole cose” (Matteo Giunta)

“I social, i telefoni, sono la più grande rovina degli ultimi tempi, soprattutto per i giovani” (Federica Pellegrini)

Festival dello Sport, Larissa Iapichino

Festival dello Sport

“Mi ha reso orgogliosa come ho affrontato il post Tokyo, ho avuto un approccio maturo e naturale” (Larissa Iapichino) 

“Posso far sì che questa esperienza mi dia qualche cosa per il futuro, sono un essere umano, gli esseri umani inciampano” (Larissa Iapichino) 

“Ma gli atleti forti si vedono in questo, nella capacità di reagire” (Larissa Iapichino) 

“È giusto che faccia male e che bruci, ma è giusto accettare queste sensazioni ed emozioni, bisogna essere emotivi ma lucidi” (Larissa Iapichino)  

“Ogni impatto negativo che hai con il tuo sport, sono dei tasselli per riflettere su cosa non è andato” (Larissa Iapichino)  

“Mi è dispiaciuto che siano uscite cose lontane dai fatti tipo che ho pianto, io in realtà non ho versato una lacrima” (Larissa Iapichino) 

“Il supporto a volte ti mette in una confort zone, è anche giusto camminare sulle proprie gambe” (Giovanni Iapichino)

“Cosa mi ha trasmesso mio padre? Tantissimo, anche la passione per le pennichelle” (Larissa Iapichino) 

“Ho avuto un padre sempre molto presente in tutte le sfere della mia vita, non so poi se chiamarlo capo, collega, boh” (Larissa Iapichino) 

“Io sui blocchi sono un po’ timida, ma il mio allenatore vuole vedermi in veste di velocista sui 60 metri” (Larissa Iapichino) 

“Siamo fortunati ad avere un personaggio come Mattia Furlani” (Larissa Iapichino) 

“Il messaggio Gimbo – Jacobs ha inspirato l’impossibile” (Larissa Iapichino) 

Foto Alessandro Gennari
Foto archivio stampa Provincia Autonoma di Trento

QUI IL RESOCONTO DEL DAY 1

QUI IL RESOCONTO DEL DAY 2

Nel mio secondo giorno al Festival dello Sport, nell’attesa fra un evento e l’altro, mi chiedevo quanto fosse bello trascorrere quei momenti con colleghi e gente mai vista prima, che d’un tratto diventano amici con cui condividere ricordi. È tutto un “Ma tu dov’eri mentre segnava quel gol, alzava la coppa al cielo, metteva a terra il punto decisivo?” E via con gli sforzi mnemonici ed.i ricordi strappalacrime di un passato magari giovane, persino in erba, che però resta. Se quel momento esatto ti è entrato dentro significa che è riuscito a nascondersi in un cassetto dalla combinazione segreta e che da lì non ha più intenzione di uscire, cullato forse da un’anima che sa ben distinguere il superfluo dal radicamento profondo e vitale, a cui aggrapparsi più o meno sempre.

Ecco quindi i miei incontri del Day 2 e parte di ciò che mi hanno trasmesso.

Festival dello Sport, Nadia Battocletti

Festival dello Sport

“Trento per me è casa” (Nadia Battocletti)

“Ad un certo punto mi sono detta, perché no, proviamo e vediamo cosa capita all’ultimo giro, vediamo se sono io quella davanti” (Nadia Battocletti)

“Ho fatto qualcosa che anni prima sembrava impossibile” (Nadia Battocletti)

“Sto crescendo tanto, sto riducendo il gap con le più forti, mi piace l’idea di migliorarmi prima come atleta e poi come persona” (Nadia Battocletti)

“Cosa mi ha portato fino a qui? Penso anche il sacrificare tutto quello che ho per raggiungere i miei obiettivi” (Nadia Battocletti) 

“Di giornate storte ne abbiamo tutti, ma quando ti si avvicina un bambino, un’anziana e ti dice “Ti ho seguito in tv”, cambia tutto…sono entrata nelle loro case, quando parlo davanti alle telecamere parlo soprattutto a loro, a coloro che stanno a casa e cercano in me la forza per affrontare la loro giornata. Forse non lo sanno ma in realtà è qualcosa che ricarica anche me” (Nadia Battocletti)

“La cosa più che ha fatto il mio fans club? Si sono buttati nelle fontana di Cavareno dopo Olimpiadi, faceva pure freddino” (Nadia Battocletti)

“Ho mostrato tutto il mio supporto ad Antonella Palmisano, lei è la mia capitana da 5 anni, è una grande professionista e soprattutto una donna di grande ispirazione” (Nadia Battocletti)

Festival dello Sport, Fabio Capello

Festival dello Sport

“Bisogna capire se certi giocatori sono in gradi di indossare certe maglie. Ma il segreto sta nell’avere un ds di cui ti fidi” (Fabio Capello)

“Quindi qual è il problema del calcio giovanile? I genitori che pensano di avere dei fenomeni in casa” (Fabio Capello)

“Al Real madrid ho mandato il via giocatore più forte che abbia mai allenato, Ronaldo, l’ho fatto per il bene della squadra e abbiamo vinto. Ma lui resta il più forte di tutti” (Fabio Capello)

“Il modo migliore per uscire dalle situazioni complicate è sempre dire la verità: ho sbagliato, non abbiamo fatto questo ecc…lasci un’immagine diversa anche al tifoso (Fabio Capello)

“La panchina piena è un passo avanti molto importante, mandare la gente in tribuna per me era un colpo al cuore” (Fabio Capello)

Festival dello Sport, David Trezeguet

Festival dello Sport

“E tu dov’eri in quel Milan – Juve che decise lo scudetto con una rovesciata di Del Piero ed un colpo di testa di Trezeguet?” – mi ha chiesto un signore seduto accanto. “Io andavo all’università e lavoravo. Quel giorno ero impegnata in una fiera. Dissi ai miei capi che avevo dei parenti a casa che non vedevo da tempo e presi 90 minuti di permesso”.

“A Buenos Aires ho fatto i miei primi passi calcistici in strada” (David Trezeguet)

“Il gol è stata la mia vita, la mia passione” (David Trezeguet)

“Mondiale ed Europeo in 2 anni, la mia carriera è stata al contrario, ho avuto la possibilità di vincere subito a 20/21 anni”(David Trezeguet)

“Il primo Trezeguet alla Juve ha avuto settimane non semplici, arrivavo come quello che aveva segnato in finale all’Europeo contro l’Italia” (David Trezeguet) 

“Io e Del Piero abbiamo costruito un percorso unico durato 10 anni, abbiamo scavalcato coppie di attaccanti storiche”(David Trezeguet)

“Sono il giocatore straniero che ha fatto più gol e che è rimasto di più alla Juve, giro il mondo e il popolo juventino ancora mi apprezza” (David Trezeguet)

“Prima di quel famoso Milan – Juve incontrai Galliani e mi disse che era contento che Ibra fosse squalificato quella giornata, poi però ho segnato io” (David Trezeguet)

“Ci siamo lasciato a Bari dove volevamo vincere la Champions, e poi ci siamo ritrovati in serie B, a -16, ogni trasferta era una festa, abbiamo rimesso le cose a posto” (David Trezeguet)

“Non sentivo il bisogno di lasciare la Juve, tante volte sarei potuto andare ma stavo benissimo lì, ero nella società più forte del mondo” (David Trezeguet)

“Potevo fare 4 mondiali di fila ma ho lasciato il posto a chi era più congeniale a Domenech, io e lui non abbiamo mai avuto feeling, oggi la vedo da un altro punto di vista, egoisticamente parlando avrei potuto giocare 4 Coppe del Mondo consecutive” (David Trezeguet)

“Camoranesi è un giocatore che sapeva fare tutto, non era amante dei giornalisti e si vedeva ma come giocatore e come personaggio era uno dei miei preferiti” (David Trezeguet)

“Quando vai via dalla Juve poi un po’ piangi, la serietà della Juve era unica” (David Trezeguet)

“Per me il calcio era sempre una festa” (David Trezeguet)

“La gente paga il biglietto per vedere i grandi giocatori, tecnica, divertimento, magia…ecco la gente pagava il biglietto per vedere Zidane” (David Trezeguet)

“Buenos Aires o Parigi? Buenos Aires è la mia vita, ma la bellezza non si discute mai” (David Trezeguet)

Festival dello Sport, Maurizia Cacciatori

Festival dello Sport

“Vi auguro di seguire i vostri sogni rimanendo ancorate alla vostra personalità” (Raffaella Lavazza)

“Io ero un po’ giamburrasca ma autentica, alla cerimonia di premiazione del Mondiale di Osaka dove arrivammo quinte, davo i pizzicotti al buio ad Anna Vania Mello e ad un certo punto mi ritrovai l’occhio di bue in faccia, pensavo mi avessero beccato perché facevano casino, ed invece mi stavano chiamando per il premio di miglior alzatrice” (Maurizia Cacciatori)

“Non avrei mai vinto questo premio se non avessi avuto una Piccinini, una Togut, ecc…mi permettevano di avere una percentuale perfetta” (Maurizia Cacciatori)

“Era importante dare un segnale a loro, distribuivo scarpe e dolci alle mie compagne grazie allo sponsor tecnico, era il mio modo di dirgli grazie” (Maurizia Cacciatori)

“Siate i migliori artefici dei vostri giorni, pensate in grande” (Maurizia Cacciatori)

“Quando si cade non fatevi la domanda del “Ma perché è successo a me”, abbiate coraggio così se arriva la paura arriva e bussa non trova nessuno” (Maurizia Cacciatori)

“Voi siete semplicemente le decisioni che prenderete” (Maurizia Cacciatori)

Festival dello Sport, Patrick Vieira

Festival dello Sport

Chiamarlo campione è poco, chiamalo leggenda non è troppo, lui ha vinto ovunque…

“Vorresti giocare un derby a Genova? Per il calcio e per la città di Genova, un derby è sempre bello da giocare” (Patrick Vieira)

“I giocatori devono sbagliare per crescere e per sbagliare devono giocare” (Patrick Vieira)

“L’esperienza significa sbagliare per imparare” (Patrick Vieira)

“Nel 2006 noi eravamo più forti ma quando siamo andati ai rigori loro sapevano che avrebbero vinto, erano più preparati mentalmente” (Patrick Vieira)

“Zidane ha dato tanto per la nazionale, è difficile essere arrabbiati per quell’episodio” (Patrick Vieira)

“Credo che Materazzi…va beh è Materazzi dai” (Patrick Vieira)

“Hai allenato Andrea Pirlo…non si allena Andrea Pirlo” (Patrick Vieira)

“Abbiamo vinto il mondiale perché il 70/80% dei giocatori giocava in Italia” (Patrick Vieira)

“Abbiamo vinto il mondiale perché la generazione di Platini aveva introdotto una mentalità vincente” (Patrick Vieira)

“In Francia la diversità fa parte della sua cultura” (Patrick Vieira)

“Capello come lo hai ritrovato? Uguale, sempre arrabbiato” (Patrick Vieira)

Festival dello Sport, Alberto Tomba

Festival dello Sport

Un’ora e trentaquattro minuti di Alberto Tomba show, in cui non si è capito niente ma è stato bello così.

“Ma tu dove ti allenavi? Sui Navigli” (Alberto Tomba)

“Hanno bloccato Sanremo per la tua gara…mia mamma mi ha detto che c’era la fila da Bologna fino a casa mia” (Alberto Tomba)

“Pettorale 11 non l’ho pescato io allora cosa ho fatto, 1+1 uguale 2 ori” (Alberto Tomba)

“La gara più bella all’Alberts perchè non è vincere è rivincere” (Alberto Tomba)

“Noi dello sci siamo di poche parole, facciamo i fatti” (Alberto Tomba)

“Con la barba? È strana questa cosa, perdi aerodinamicità, fa perdere centesimi” (Alberto Tomba)

“Abbiamo qui le Dolomiti il posto più bello del Mondo” (Alberto Tomba)

“Le piste per le Olimpiadi sono pronte, le strade no, arriviamo in ritardo” (Alberto Tomba)

“Mondiali o Olimpiadi? Olimpiadi, sono una volta ogni 4 anni, mi sono detto “Non facciamo cagate” (Alberto Tomba)

“A Yuri Chechi: io sono ancora incazzato con il greco che gli ha ciulato la medaglia” (Alberto Tomba)

“Ma si può andare alla Mauritius per 2 giorni, lo sponsor non ci ha fatto stare una settimana…abbiamo fatto più tempo in cielo che in terra” (Alberto Tomba)

Foto Alessandro Gennari
Foto Archivio Ufficio Stampa Provincia Autonoma di Trento

Potevo forse mancare al Festival dello Sport 2025? Ma non scherziamo. E allora eccomi qui, alla mia presenza numero 5 su 8 edizioni, in un corri corri frenetico che deve ancora deve entrare nel vivo ma che già dal day 1 ha lasciato ben sperare.

In una Trento un po’ scombussolata da qualche lavoro di troppo, è cominciata ieri la mia ennesima avventura a caccia di…emozioni. Non mi stancherò mai di raccontare la bellezza di un cuore che palpita in una kermesse che tanto somiglia ad un villaggio olimpico in cui, leggende plurimedagliate, prima ti camminano accanto e poi si accomodano in un teatro per rivivere con te la loro carriera, raccontando in una sorta di confidenza pura e genuina, spaccati di vita vissuta.

Ed io li guardo, mi commuovo, assorbo qualsiasi cosa, e poi scrivo. Appunti, citazioni, meme, tutto ciò che riesco a percepire lo annoto e lo faccio mio.

E così il day 1 ha già iniziato a toccare corde profonde ma in una sonorità leggera.

Festival dello sport 2025: il volley dei fenomeni

Festival dello Sport 2025

Il primo incontro a cui ho assistito non poteva che essere con i campioni del Mondo e con una fetta di volley maschile pronta a regalare un’altra stagione di grandi emozioni.

Il mio resoconto passa, come più o meno sempre, dalle citazioni, e allora eccola qua.

Fefè De Giorgi

“Abbiamo trasmesso emozioni al di là del risultato”

“Va beh, le donne si sapeva avrebbero vinto”

“Bisogna riconoscere il valore di tutti in questo percorso”

“Dopo la sconfitta con il Belgio avete bruciato la pagina”

“Grazie per questa copertina. Il primo mondiale eravamo in un angolo, adesso abbiamo raddoppiato, prima o poi conquisteremo la pagina intera”

Ivan Zaytsev

“Le motivazioni dopo tutti questi anni non cambiano, se perdo l’adrenalina prima delle partite, o il fastidio dopo una sconfitta, significa che è ora di smettere, io spero di rompervi le scatole ancora per qualche anno”

Mati Pardo

“Voglio lavorare per essere il miglior compagno possibile, con lui sei felice in palestra e felice di condividere vittorie e sconfitte”

“Daniele Lavia, è un umile in uno sport umile”

Gabriella Greison (fisica e scrittrice)

“In fisica si chiama sistema predittivo, in campo si chiama magia”

“La fisica e la pallavolo hanno lo stesso segreto, non puoi controllare tutto, ma puoi allenare come reagire” 

“Tutto in mezzo secondo, 6 anime e tre tocchi”

Alessandro Michieletto

“I miei premi li tiene tutti mia nonna”

“Ho rubato un pallone a Tokyo, me lo hai graffiato (riferendosi a Matteo Piano), a Parigi l’ho rubato ancora, insomma…non ho imparato niente”

“I gruppi forti non vincono ogni anno, ma ogni anno sono in semifinale”

Festival dello sport 2025: la grande inaugurazione

Festival dello Sport 2025 Carolina Kostner

“Trentino sarà sede dei mondiali di ciclismo nel 2031…in Trentino – trentuno non poteva essere diversamente” (Pierluigi Pardo)

“Siamo in un momento un po’ disgraziato e credo che lo sport abbia il potere di unire le diversità e di far emergere il singolo, oltre che culture diverse, per portare in alto la bandiera italiana, ciò di cui abbiamo più bisogno in questo momento” (Elisabetta Bozzarelli vicesindaco di Trento)

“Il mio percorso non è stato sempre lineare, in salita, in discesa, io convincevo mia mamma a svegliarmi di notte per vedere i mondiali di pattinaggio che magari erano dall’altra parte del mondo. Oggi forse hanno più distrazioni, ma gli auguro di mettere ordine nella loro testa per dare spazio ai sogni” (Carolina Kostner)

“L’emozione che ho provato marciando con la bandiera, non la scambierei con nessuna medaglia al mondo” (Carolina Kostner)

“Coraggio era la parola che continuavo a ripetermi nell’Olimpiade di Sochi” (Carolina Kostner)

“Quando ho saputo che sarei diventato padre ho messo un punto alla tristezza post Parigi. Da lì non ho più guardato indietro. Ho cambiato prospettiva” (Gianmarco Tamberi)

Festival dello Sport 2025 - Gimbo Tamberi

“È giusto che io non abbia saltato in alto a Tokyo perché non ho passato il tempo quest’anno ad allenarmi per quello, ho passato il tempo a guarire per Los Angeles” (Gianmarco Tamberi)

“Nelle difficoltà si nasconde sempre un’opportunità più grande, ed anche se hai solo l’1% di riuscirci è ciò che ti fa credere e sperare fino in fondo” (Gianmarco Tamberi)

Festival dello sport 2025: le Roi, Michel Platini

Senza troppi giri di parole: io sono cresciuta con Alessandro Del Piero, mio padre con Michel Platini. Era il suo idolo. Il destino a volte ti regala sorprese inaspettate perchè ieri, proprio ieri, 9 ottobre, compleanno del mio papy che da 4 anni mi segue da una stella, ho incontrato il suo idolo ❤️

“Sono arrivato in Italia, sono andato a Cesenatico e ho visto Bobbi Solo cantare “Una lacrima sul viso” (Michel Platini)

“Gianni Rivera disse Platini fa il francese in Italia e l’italiano in Francia” (Fabio Licari)

“L’Italia è il paese dei miei antenati e io voglio scoprirlo. Perché conosco solo stadi e alberghi ma non conosco questo paese che è bellissimo” (Michel Platini)

“Cosa non sopporti dell’Italia? I giornalisti” (Michel Platini)

Festival dello Sport 2025

“Boniperti per prendermi in giro diceva “La Francia…non si capisce niente, quando avevamo il morale a terra organizzavamo un’amichevole con la Francia”, poi con me è cambiato tutto” (Michel Platini)

“Il problema del calcio è che non sempre vince il migliore” (Michel Platini)

“Ma nell’84 eri il più forte del mondo? Sì” (Michel Platini)

“Chi è più forte tra Messi e Maradona? Queste sono cose che servono a voi giornalisti, non puoi comparare 2 fenomeni di 2 epoche diverse” (Michel Platini)

“Il ricordo più bello di quella Juve qual è? È la Juve, sono 5 anni alla Juve, in Italia” (Michel Platini)

“Non è bella la vita se non fai gol” (Michel Platini)

“Il 10 va messo al centro e oggi continuano a metterlo sulle fasce” (Michel Platini)

“Ha dato più la Juve a te o tu alla Juve? La Juve a me” (Michel Platini)

“Sono stufo di giocatori che mi dicono “voglio entrare nella storia”. Tu giochi per una società, per un pubblico, sono loro che decidono se sei nella storia” (Michel Platini)

“Blatter joker” (Michel Platini)

“Crujff il mio idolo” (Michel Platini)

“Il Var se ci fossi stato io non ci sarebbe stato, ok sulle linee ma il resto è interpretazione, lasciamo il calcio umano” (Michel Platini)

“Agnelli un personaggio grandioso” (Michel Platini)

“Infantino joker. Se dobbiamo parlare di attualità parliamo di lui, ma non se dobbiamo parlare di calcio” (Michel Platini)

“Se deve tornare in gioco lo voglio fare per il bene del calcio in generale. Io presidente della Juve? No, non si vive due volte la stessa storia d’amore” (Michel Platini)

L’Italia non va al Mondiale dal 2014? E io cosa c’entro…beh magari lo allargano a 64 squadre” (Michel Platini)

Foto Alessandro Gennari
Foto archivio ufficio stampa – Provincia autonoma di Trento

A grande richiesta, e dopo aver passato 45 secondi in ginocchio sui ceci (ho le ginocchia alla Roberto Baggio ultimamente, abbiate pazienza) per le assenza precedenti, torna 7 cose 7 sulla serie A e mai come questa volta sposa a pieno la linea giovane Camarda – Esposito.

Cosa mi ha lasciato questa 5ª giornata di serie A?

Ancora una volta mi affido all’ordine sparso, agli appunti nelle note del telefono e ai post salvati su Instagram: e via con la classifica non classifica che mi piace tanto.

Serie A, 7 cose 7

  1. Camarda – Esposito, largo ai giovani. Due tra i nomi più chiacchierati dell’estate, seppur per motivi diversi, fatto sta che ci hanno messo 5 giornate per lasciare il segno in serie A. Francesco Camarda, classe 2008 (ne avevo già scritto qui), di proprietà del Milan, in prestito al Lecce, Francesco Pio Esposito classe 2005, attaccante dell’Inter, ecco c’è pure un derby nel derby in questa “favoletta”. Entrambe la scorsa domenica hanno messo a referto il primo gol in serie A della loro storia, contro il Bologna il primo, contro il Cagliari del fratello Sebastiano il secondo. Zero pressioni e zero pronostici, mi auguro solo che sia il primo di una lunghissima serie.
  2. Cancellieri futuro papà. Mi intenerisco sempre ormai, sarà l’età, sarà il ciclo, fatto sta che quando nella serata di lunedì il centravanti della Lazio si è messo il pallone sotto la maglia e il dito in bocca, avevo ovviamente capito ci fosse la cicogna in arrivo, occhio che da quelle parti gira pure un’aquila, facciamo attenzione. Intanto auguri al futuro papà di una bimba.
  3. Il cappello di Runjaic (più l’occhialino intellettuale in sala stampa). Faccione simpatico, cappellino da baseball e occhialetto tattico: non ha certo portato bene alla sua Udinese questo trittico, ma quanto meno ha ribadito lo stile del tecnico bianconero. Adoro!
  4. L’abbraccio totale tra Luka Modric e Kevin De Bruyne. Sono tornati indietro a gustarselo pure quelli usciti un quarto d’ora prima da San Siro (mai capita sta cosa comunque), ed hanno lasciato la mancia agli steward del controllo zaini all’ingresso. Così, gli sembrava d’aver pagato poco per quello spettacolo. Quanta classe fusa in un intreccio di braccia. Mille stelline.
  5. È più contento della vittoria del suo Sassuolo o del primo gol in serie B di suo figlio Filippo con la maglia del Frosinone? I figli vengono prima di tutto, sono tanto felice di vederlo così felice. Firmato “core di papà” Fabio Grosso.
  6. Martina Rosucci, primo trofeo al cielo da capitana. Eh sì. C’è una nuova proprietà commutativa: cambiando l’ordine delle capitane e l’ordine delle finali, il risultato non cambia, vince sempre la Juve, tra l’altro con una Martina Rosucci che per la prima volta alza al cielo un trofeo con quella fascia al braccio. Non me ne vorrà Cristiana ma le dona tantissimo. Grande cap.
  7. Dio benedica Luka Modric. Lui merita una menzione a parte, ma potrei citarlo ogni settimana per qualsiasi cosa faccia o non faccia, tanto fa tutto e lo fa da divinamente, in fondo classe 1985 è una garanzia 😉. Dio benedica Luka Modric.

A settimana prossima, sempre con la stessa leggerezza, sempre con un pizzico di romanticismo.

Foto Messaggerooveneto.it

Cari “amici” del calcio dilettanti, quanto lo avete aspettato questo nuovo inizio?
Un battito di ciglia e ci siamo. Di nuovo quel borsone, di nuovo quelle abitudini, di nuovo quel campo, il sole e gli amici di sempre, con un anno in più nelle gambe e nei muscoli ma non nel cuore, sempre giovane, eternamente bambino.

Se chiudete gli occhi siete già lì, su quel terreno verde magari anche un po’ spelacchiato e nella vostra mente scorrono già le immagini di un film ancora tutto da scrivere, e da vivere, in cui i protagonisti siete solo e soltanto voi.

Io lo so come vi sentite adesso. Perché stanotte avete dormito poco, perché le farfalle allo stomaco disegnano un concerto di emozioni, perché siete pronti ma non siete pronti. La caviglia fa un po’ male, e poi magari finisco in panchina, e che palle…big match già alla prima giornata? E avete già risposto male a vostra madre/moglie/fidanzata, o a vostro padre/marito/fidanzato…il nervosismo è difficile da domare.

Lo stomaco chiuso, nemmeno la pasta in bianco scende giù, c’è una crostata in forno, ecco, magari giusto un pezzettino. 
D’un tratto vi passano nella mente le salite e i gradoni al 25 agosto con 40 gradi all’ombra, mentre i vostri amici erano ancora alle prese con l’abbronzatura ed il vostro partner disposto a capirvi solo a metà: “Che ti costa arrivare in ritardo alla preparazione? Inizi un giorno dopo…” Costa, costa. E tanto anche. Un prezzo difficile da quantificare a parole. Che poi domani è lunedì, e il capo che ne sa della vostra domenica, che ne sa del calcio dilettanti, di un mondo in cui si vive tutto a tremila in cui no, non è certo tutto rose e fiori ma la differenza la fanno sempre i modi.

E allora ricontrollate il borsone per le decima volta, i portafortuna ci sono, tutto nello stesso posto, come sempre. La fascia da capitano anche. Magari la indossate per la prima volta, o magari è l’ultima. Quando le ginocchia scricchiolano, e gli impegni soccombono, è sempre l’ultimo anno, in un mix di risposte che dentro di voi non dà spazio ai no, non ce la faccio e che millanta l’eterna lotta cuore/cervello, ma in fondo è così, giusto? Nelle più classiche scelte d’amore c’è sempre la testa che dice una cosa e lì, in fondo al petto, ne sentite un’altra.

E intanto quella fascia è lì. La guardate con lo stesso sguardo sognante di quando eravate bambini e sentivate già il peso della responsabilità verso un sogno a cui vi siete aggrappati per anni, e forse, proprio in questi anni, lo avete realizzato senza accorgervene, che non si è calciatori solo quando si mette piede a San Siro e con conti in banca milionari, tutt’altro, la bellezza, la purezza, la resilienza, passa ancora tutta da qui, dal calcio dilettanti, dagli occhi che brillano e dalla fitta allo stomaco.

Ed è la stessa fitta di quando vedete nonno in tribuna, o di quando alzate gli occhi e lo cercate nella strana forma delle nuvole, fra un cielo velato ed un raggio di sole. Nonno non se ne perde una dal 1999, quando eravate ragazzini e rincorrevate quel pallone senza pensieri. E con lui nonna, papà, mamma, fratello, sorella, il migliore amico, il compagno di vita. Ok va beh, su mamma e nonna forse non è sempre così. Loro ancora non ce la fanno, potete dirgli che è un’amichevole, bleffare, raccontare una storia che non esiste, ma la preoccupazione di non vedervi entrare dalla porta, alla sera, con il sorriso, è sempre la stessa. Forse non lo sapete, o fate finta di non saperlo, ma ogni volta che uscite di casa mamma ancora strizza gli occhi e i pugni, e tra sé e sé dice in preghiera “Fa che vada tutto bene”.

Ecco. È tutto così magico, e se cercate bene, dentro di voi, quella magia è ancora intatta. Ed è per questo che non siete sbagliati, non siete un “caso disperato”, non avete alcun difetto di fabbrica. Siete giusti, al posto giusto, nel momento giusto. 
E non importa che abbiate 18, 25, o 40 anni, non importa che siate il bomber, il portiere o la riserva delle riserve. Non importa nemmeno che siate mister, magazziniere, direttore sportivo, presidente, arbitro, giornalista, tifoso. Tutto declinato al maschile e al femminile allo stesso identico modo.

C’è un amore ricambiato fra voi e quella palla, e non conosce limite. 
Tenete gli occhi chiusi ancora per un momento, con il profumo dell’erba che vi fa vacillare un po’ ed un sorriso spontaneo che vi riempie il volto…eccolo, lo sentite il cuore che batte? C’è un nuovo inizio. 

E non sarà come la prima volta, non sarà nemmeno come l’ultima, ma sarà sempre una volta nuova.

Secondo giro di giostra per la tanto amata/odiata serie A, ed eccomi qui per la seconda volta consecutiva con l’appuntamento “7 cose 7” su ciò che più mi è piaciuto di questo weekend lungo, ma non troppo. Sì perché sarà pure iniziato venerdì sera ma stranamente non è sfociato nel lunedì, un lunedì troppo impegnato a tenere aperte le porte del calciomercato, pronto ad accogliere, ancora una volta, vecchie fiamme e nomi più o meno sconosciuti tranne che hai fanatici del Fantacalcio (tranquilli sta per tornare anche quel super momento lì).

Ma quindi, cosa mi ha lasciato questa 2ª giornata di serie A?

Ancora una volta mi affido all’ordine sparso, agli appunti nelle note del telefono e ai post salvati su Instagram: e via con la classifica non classifica che mi piace tanto.

Serie A, 7 cose 7

  1. La Cremonese prima in classifica. Non so quanto fosse quotato dai bookmaker il punteggio pieno dopo due giornate, fatto sta che le favolette delle piccole che si travestono da grandi mi piacciono molto. Chi lo dice che il campionato debba per forza vincerlo il Napoli, l’Inter, il Milan o la Juventus? Magari lo vince la Cremonese e no, non sono folle a pensarlo, sono solo una tifosa appassionata che sa usare l’empatia e mettersi nei panni anche di chi deve credere nei miracoli per sperare che certi desideri si avverano. This is football.
  2. A proposito di favolette cito nuovamente il Pisa. Come detto 34 anni dopo è serie A, ma 34 anni e una settimana dopo è di nuovo casa. La squadra nerazzurra gioca al Romeo Anconetani la sfida con la Roma e lo fa sotto gli occhi attenti e increduli anche di chi non ha mai visto sventolare così in alto quei colori.
  3. La Ragione di Stato. La cito oggi ma varrà sempre perché non c’è settimana in cui non ci delizi con le sue perle. La pagina social che regala sfottò sul mondo del calcio e altre sciocchezze, mi spacca letteralmente in due dal ridere, ma credo che le vette di prese in giro più acute riesca a raggiungerle solo in due versioni, la seconda mette nel mirino Massimiliano Allegri. Quindi, figuratevi con il ritorno in Italia di Adrien Rabiot “Un fantino non abbandona mai il suo cavallo”. Adorooooo!
  4. Mimmo Berardi, 621 giorni dopo. L’attaccante del Sassuolo torna al gol nelle massima serie dopo il lungo infortunio, dopo l’inferno serie B, lo fa dal dischetto e con tanto amaro in bocca, non basta per strappare punti quella rete, ma sicuramente sa tanto di liberazione. Ed è anche un segno di riconoscimento verso una bandiera che avrebbe sempre potuto andare altrove, ma che alla fine, forse anche per una serie di circostanze, ha sempre seguito il cuore.
  5. Il sorriso di Dusan Vlahovic. Quando segna? Naaaaaa. Quando a fine partita, ai microfoni dei media, si gode il complimentone del compagno Thuram “Lui è uno degli attaccanti più forti al mondo, è un leader per noi”. Se avesse potuto abbracciarlo forte in quel preciso istante, facendo gli occhietti piccoli piccoli un po’ come quando i bambini ti corrono in contro e ti dicono “Ti voglio bene tanto così”, lo avrebbe fatto. Ed intanto due gol (decisivi) in due partite.
  6. L’accoglienza riservata a Jamie Vardy. L’uomo dell’indimenticabile miracolo Leicester, è sbarcato alla Cremonese un po’ come il Messia in patria. Poca pressione Jamie, ma ricordati che stai arrivando in una squadra prima in classifica. 😉
  7. Dybala – Buffon, uno scambio di maglia “romanticissimo”. Al termine della partita Pisa – Roma, Paulo e Luis Thomas, figlio di Gigi, si sono salutati con il più classico degli scambi di maglia. Ma qui c’era molto di più. Vederla lì, posata sulle spalle dell’argentino, ha rievocato un quinquennio di ricordi in cui la Juventus non solo guardava tutti dall’alto, lo faceva grazie ai riflessi dell’uno e le magie di un sinistro prelibato dell’altro. Troppi ricordi, non ce la faccio ❤️ ps. la vedete la foto che ho pubblicato? E lo vedete quel ragazzo con la pettorina? È un mio amico, si chiama Paolo, ora vedete anche il mio livello di invidia? Ecco sì, tanto così 😡

Ora c’è la sosta, ma grazie Serie A, non deludi mai chi sa ancora guardare il calcio con occhi leggeri e romantici.

Foto IG @tommasoturci

7 cose 7 – 1ª giornata

È una fine d’estate bollente, non tanto per quanto riguarda le condizioni meteo, piuttosto per una fitta agenda di impegni sportivi che stanno già tirando scemi tutti gli appassionati come me. E allora siccome non bastava la serie A, non bastava il Mondiale di volley femminile, non basta il mondiale di volley maschile e quello di atletica prossimi al via, c’era bisogno anche dell’Europeo di basket maschile.

Ed ovviamente non dimentico gli Us Open, poi arriverà il Gp di Monza, inizia la Champions League, prosegue la serie A Women’s Cup, non c’è pace dai. Gli amici capiranno, e se non capiranno s’invitano a casa, non c’è altra soluzione.

Intanto Pozzecco e i suoi ragazzi hanno già messo in cascina la prima sfida di quest’Europeo. Un’Italia inferiore ma che non lascia il cuore a casa, perde con la Grecia di un super Antetokounmpo (75-66), mettendo a referto una prestazione dignitosa ma nulla più. Non che la Grecia fosse ostacolo semplice, sia chiaro. Ora testa alla Georgia, Bosnia-Erzegovina, Spagna campione in carica e Cipro, poi so vedrà, sono qui per analisi tecniche che non mi competono e di cui non sono all’altezza. C’è da arrivare tra le prime 4 per staccare il pass per gli ottavi, c’è da metterci qualcosa in più per chi quest’Europeo di basket lo guarderà da casa in attesa di un delicato trapianto di midollo.

Inutile girarci attorno, la storia di Achille Polonara è un colpo al cuore per chiunque. Il mio personalissimo fermo immagine è su quel fotogramma in cui torna a casa, dopo le prime terapie, ed abbraccia i suoi figli, in uno scambio d’amore che sa di purezza ed energia.

E così, mentre la Rai si è giocata il jolly optando per la trasmissione di tutte le partite dell’Italia su Rai 2, in diretta, persino in prima serata quando capita, proprio Polonara ha alzato la posta in palio, chiedendo alla vigilia una marcia in più ai suoi compagni di mille battaglie, ha chiamato il suo amico Spissu e recitato un paio di frasi che ad occhio e croce saranno andate così.

“Ehi Marco, mi è venuta un’idea”.
“Quale idea?”
“Tu ci tieni tanto al tuo numero 0?”
“Lo sai Achi, lo zero rappresenta il mio inizio, il mio volercela fare quando mi dicevano che ero bravo ma troppo basso e alla fine guarda dove sono arrivato…”
“Ok, ok, però pensavo, se ti va, visto che a me manca tanto non essere lì, ecco…si insomma, potresti giocare con il 33, potresti giocare con il mio numero, che dici?”.

Come è andata a finire lo abbiamo già visto ieri sera, o forse più che a finire a cominciare perché qui siamo alle prese con un campionato europeo di basket che necessita di una mezza impresa per vedere salire l’Italia sul podio ma che presumibilmente ha ancora molto da dire.

Alla fine lo 0 è soltanto un numerodirà SpissuIl 33, invece, è un simbolo. Me lo ha chiesto Achille di indossarlo. È stato impossibile dirgli di no. Con me, in campo, ci sarà anche lui.

Il ko in partenza può lascia pure presagire spedizioni nefaste o più semplicemente brevi, ma è pieno così lo sport d’imprese impossibili…lo sport come la vita, che ti gioca brutti scherzi ma che poi, se ci credi, ti dona una seconda possibilità. E adesso sta a voi ragazzi, sta a te Marco Spissu, sta a te Achille Polonara: c’è ancora tempo, c’è ancora vita, fateci sognare, siamo qui per questo…è una delle cose che ci riesce meglio.

Foto Raiplay

Alessandro Florenzi, 34 anni, dà l’addio al calcio. Nell’epoca del mordi e fuggi e dei grandi proclami per balzare agli onori della cronaca, lui lo ha fatto sì usufruendo dei più comuni social network, ma ha pur scelto la via della normalità.

Un messaggio semplice, fatto di gratitudine, umanità ed una manciata di parole, unito ad un video che dice molto, che sa di ritorno alle origine, con la sfida ai ragazzini di quartiere sul campetto dietro casa.

Alessandro Florenzi è un giocatore che non ha solo vestito la maglia della sua Roma, l’ha indossata come una seconda pelle, ne ha fatto vanto e ragione di vita, sgomitando tra i giganti della sua era, quelli di cui si parlava tanto e che, talvolta, performavano persino meno. Perché lui non si è mai tirato indietro, non si è mai risparmiato, non ha mai accantonato la sua “romanità” in favore di telecamera, non ha mai smesso nemmeno i panni del nipote. Celebre la sua corsa in tribuna ad abbracciare nonna Aurora dopo il gol con il Cagliari. Era il 2014.

Ma tutta quell’umanità io l’ho rivista anche nelle mani sul volto dopo un arcobaleno piovuto dal centrocampo. È il 16 settembre 2015, la partita di Champions League Roma – Barcellona. Alessandro Florenzi recupera un pallone nella sua metà campo, s’invola sul lato destro, alza la testa, il portiere è un po’ fuori dai pali e lui si lascia guidare dall’istinto, dal coraggio di credere che anche i giocatori normali possano fare qualcosa di speciale. Il resto è storia, un’esultanza soffocata dagli abbracci dei compagni, da un Olimpico che urla ma non ci crede, probabilmente anche dal battito accelerato di nonna Aurora che non è lì quella sera ma è come se lo fosse. Lei c’è sempre stata, dal primo giorno.

E poco importa che poi siano arrivate le esperienze con Valencia, Psg e Milan, e poco importa che l’unico scudetto della sua carriera sia stato vinto proprio con la casacca rossonera, certo importa di più il titolo di Campione Europeo, ma a Roma possono dire che Florenzi sia passato di là ed abbia lasciato il segno, che il numero 24 abbia realizzato il suo sogno di bambino, difendendolo quando il ginocchio faceva crack, avviandosi sulla strada giusta, mano nella mano, occhi negli occhi, con il suo migliore amico, quel pallone che rotola, medicina e cura, magia e divertimento.

E pensare che fino a qualche anno fa quando mi dicevano “c’è un centrocampista italiano che ti piace particolarmente?”, io non avevo dubbi rispondevo sempre Florenzi perché “Dove lo metti sta, e sta bene”.

In un mondo in cui si va sempre a caccia dell’originalità e dell’estro che eleva, la vera impresa è essere normali.

E allora buona vita Alessandro Florenzi, campione “normale” ma che forse così tanto “normale” non lo è mai stato.

QUI IL VIDEO DI ADDIO

Questo il suo messaggio d’addio.

“Grazie di tutto, amico mio ⚽️❤️. Mi hai insegnato ad amare tutti i tifosi, dal primo all’ultimo senza eccezione. Ognuno di voi mi ha spinto a migliorare e ognuno di voi mi ha aiutato a risollevarmi dalle cadute che fanno parte di questo sport come della vita: vi sono davvero grato. Voglio ringraziare ogni compagno, allenatore, componente dello staff e dirigente, tutti nessuno escluso: giorno dopo giorno il vostro supporto e la vostra professionalità mi hanno permesso di crescere come uomo e come calciatore. Ringrazio te, Ale, per aver visto qualcosa di speciale in quel piccoletto in mezzo al campo 17 anni fa. Tu e la famiglia della WSA siete stati, siete e sarete sempre una parte essenziale della mia vita, non solo calcistica. Voglio ringraziare infine tutti coloro che mi hanno accompagnato in questo lungo viaggio, in particolare tutte le persone che lavorano silenziose dietro le quinte: ognuno di voi ha lasciato un segno dentro di me. Senza di voi non sarei la persona che sono oggi. Grazie ancora, amico mio: oggi ci salutiamo ma tu farai sempre parte di me

Foto e Video profilo IG Florenzi

È tornata la serie A, tanto attesa, quasi spavalda, nel bel mezzo di un agosto fatto delle solite premesse: quest’anno non mi incazzo, quest’anno tifo meno, al diavolo gli abbonamenti tv, lo stadio solo in un big match, ed il Fantacalcio vediamo eh…che mi posso farmi il sangue amaro per quel terzino preso a 1 di cui non riesco nemmeno a pronunciare il nome…

…e poi invece.

Sabato 23 agosto, con il mare che non si scorge più nemmeno fuori dalla finestra, con il primo aperitivo del rientro già rimandato a data da destinarsi e con la app nuova e superflga già scaricata nell’ultima versione, telecomando in mano e via, a comandare. Su cosa, poi, non è dato sapersi, forse sul nostro subconscio che gira e rigira sempre là va a finire, di fronte a quei “22 scemi” che rincorrono un pallone e di cui proprio non si può fare a meno. Insomma, è sempre la stessa storia, ma questa storia a noi “malati di calcio” piace proprio così com’è.

E dunque, smessi gli abiti da turista, arrivano quelli da giocatore/allenatore/fisioterapista/presentatore/direttore sportivo/fantacalcista/esperto marketing/tuttologo, declinati rigorosamente al maschile. E anche tifoso, sia chiaro.

Ma cosa ci lascia questa 1ª giornata? Questi 90 minuti più recupero moltiplicati per 10, tante sono le partite di serie A? Vediamo se riuscirò ad essere costante ma mi piacerebbe, dopo ogni turno, raccontare le 7 cose che, per un motivo o per un altro, mi hanno colpito di più.

7 cose 7 su questa prima giornata di serie A in ordine rigorosamente sparso perché innanzitutto non è una gara, in secondo luogo amo il caos (perché il numero 7 non ve lo sto nemmeno a dire 😉)

Serie A, 7 cose 7

  1. La fascia da capitanA. Il calcio femminile è ripartito dalla serie A Women’s Cup, è ripartito da un gol di Cristiana Girelli, è ripartito da una novità assoluta. Non più la C maiuscola al braccio, ma la fascia da capitanA, un segnale importante verso una passione universale.
  2. La garra di Mina e Kean. Intervento deciso del primo (ma questa non è una novità) che non si risparmia nell’esultanza tutta muscoli e la risposta di Kean che si rialza e flexa (e anche questa non è una novità). Ne avevamo bisogno? Non lo so, ma mi ha fatto sorridere. E comunque finché c’è sportività va bene tutto.
  3. La crossbar challenge di Udinese – Verona: tre traverse in meno di 30 minuti, Giovane da un lato, Zarraga e Kamara dall’altro, ma nemmeno io e le mie compagne a fine allenamento 😂
  4. Il ritorno del Pisa in serie A. 34 anni dopo ed un esordio che stoppa addirittura una big come l’Atalanta (1-1 il finale). Ma non è il risultato che conta, è la storia di un club che ha vissuto mille vicissitudini e che ci ha messo 34 anni per risalire sul grande palcoscenico.
  5. La rovesciata di Bonazzoli in Milan – Cremonese. Impossibile non citarla. Chapeau.
  6. Il bellissimo saluto e cenno di intesa tra i fratelli Thuram. Khephren, centrocampista della Juve, va a San Siro insieme a papà Lilian per vedere Marcus in occasione di Inter – Torino. L’attaccante mette a referto una doppietta e per due volte si gira verso la “sua” tribuna d’onore. Ma sul secondo gol c’è un pollice in su, un orgoglio che passa nelle vene, un incrocio di sguardi velati: “Sono felice sia qui, è il mio fratello piccolo e lo amo da morire” dirà Marcus ai microfoni al termine, spegnendo polemiche effimere e tristi verso chi riteneva inopportuno il comportamento del bianconero. Ma una volta che c’è ancora un po’ d’amore che circola nell’aria, per quale motivo dovremmo farne a meno?
  7. Nico Paz. Ultimo ma non ultimo. Che roba pregiata quel mancino lì, quella spensieratezza, l’eleganza nei movimenti, la visione di gioco, la personalità. Lo scorso anno ha preso per mano la mia squadra del Fantacalcio e l’ha condotta alla vittoria, ma concedetemelo senza alcuna superbia, lo avevo visto quel tocco così diverso dagli altri. E in un’epoca in cui prevalgono sempre i milioni, mi auguro tanto che la volontà ferrea del Como di tenerselo stretto ancora per un po’, resti appunto ferrea: ho bisogno, abbiamo bisogno, di ammirare talenti così direttamente a casa nostra.

Bentornata serie A.

Foto serie A women IG