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Da quando Baggio non gioca più…non è più domenica

Roberto Baggio

Se io dico Roberto Baggio si alzano tutti in piedi. Poi ricordano, si commuovono, sognano ad occhi aperti, si mettono una mano sul cuore e sanno che Baggio è lì e da nessun altra parte. Uno così lo si può solo amare, né troppo e né troppo poco. Lo ami per tutto quello che ha fatto, per aver rappresentato le big del calcio italiano e le squadre di province allo stesso modo, sempre con quel sorriso, con l’eleganza, con le giocate che non ti aspetti, troppo naturali per poterle prevedere, troppo immediate per provare a goderti l’attesa del “vediamo come va”, con Baggio sapevi già come andava.
Il divin codino vinceva anche quando perdeva, la gente correva allo stadio e pendeva dal suo destro prelibato, si stropicciava gli occhi, indossava con orgoglio la maglia “Baggio 10” (o 18 per i palati fini) e ne faceva quasi una seconda pelle, talvolta a prescindere dai colori.
Ma se Roberto Baggio fosse stato “solo” il migliore nel rettangolo di gioco, probabilmente oggi la gente avrebbe ricordi sbiaditi di gol capolavoro e trofei sollevati al cielo, ed invece la timidezza, la semplicità, la lealtà con cui ha affrontato tutto ciò che c’era intorno, ne fa di lui un campionissimo senza eguali e ricordarsi i dettagli, il profumo di una giocata, l’estro che tirava fuori dal cilindro al 5′ o al 95′, è ciò che di più naturale scaturisce in quel tifoso anche romantico che sa bene che “Come Baggio non ne nascono più”.
Al Festival dello Sport di Trento a Roberto Baggio spetta l’inaugurazione, è lui a dare il là al Circus di campioni che passeggiano in piazza Duomo e si sbizzarriscono tra il Teatro Sociale e l’Auditorium Santa Chiara, e Baggio il là lo dà esattamente come solo lui sa fare, con garbo e gli occhi che brillano.
Gli basta parlare di calcio, raccontare la sua vita spesa dietro quel pallone e citare un milione di volte la passione senza mai essere ridondante o banale.

Ho giocato con una passione infinita, se non mi fossi allenato duramente non avrei fatto quello che ho fatto, non ci sono muri invalicabili per la passione,
niente arriva per caso ci vuole la perseveranza e chi non parla di lavoro dice bugie
“.

“Qualunque professione se non c’è impegno siamo vuoti, la grandezza di una persona si misura dalla voglia che ha di sfidarsi”.

“Ovunque andavo giocavo per far felici i miei tifosi, il mio unico scopo è sempre stato quello di far divertire la gente”.

“Non invidio nessuno solo chi gioca a calcio, darei qualunque cosa per giocare ancora”.

“È fondamentale il percorso che ognuno di noi fa, la sconfitta va accettata. Se io l’accettavo? In realtà quando giocavo non avevo mai l’idea di poter perdere”.

“Il calcio mi ha insegnato a non mollare mai”.

“Se non passiamo attraverso la sofferenza, non possiamo creare qualcosa di infinito valore”.

Il punto è, caro Roberto Baggio, che quando tu avevi il pallone nessuno di noi sapeva cosa sarebbe successo, eppure eravamo tutti emozionati.

È il Festival della Grande Bellezza e la grande bellezza non può non far rima con Roberto Baggio.

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foto Alessandro Gennari


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