È scattata l’ora dei saldi 2024 e dopo un mese di cene, pranzi, aperitivi e colazioni H24 che manco alla Casa Bianca, il minimo che si possa fare è concedersi una bella seduta di shopping terapeutico. Sì perché poco importa se le vostre maniglie dell’amore si siano trasformate in maniglioni antipanico, e poco importata che giriate con il bottone slacciato dalla terza fetta di pandoro con mascarpone consumata alla cena degli amici dell’asilo che non vedevate, appunto, dall’asilo, nel momento in cui scocca l’ora dei saldi approfittarne è il minimo sindacale per iniziare il 2024 con il piglio giusto.

E così, forte della mia autostima cresciuta negli ultimi 5 giorni grazie all’oroscopo di Simon and Star che senza giri di parole ha buttato lì un “Toro voto 10, è il tuo anno”, non potevo esimermi ed in questo primo venerdì di gennaio mi sono armata di tutto il mio charme per regalarmi pochi, pochissimi, quasi nulli, momenti di gloria.

Saldi 2024, mission impossible?

Saldi 2024, davvero una mission impossible? No, nient’affatto. Scordatevi le code chilometriche, scordatevi il questo o quello, scordatevi il “ma forse mi fa grassa”, ho stilato una super guida che vi farà uscire da quei camerini in tempi record come se stesse andando ad un Matrimonio, possibilmente il vostro…certo senza soldi e senza partner ma questo è un altro discorso.

Ora aggiungete una nota alla lista delle 8.267 già presenti sui vostri smartphone, perché a sto giro si svolta.

Sette consigli per lo shopping perfetto

Consiglio numero 1: il BUONUMORE. Se al mattino vi svegliate con il piede sbagliato, state a casa. Senza buonumore vi sta male tutto.

Consiglio numero 2: UOMO RICCO O CARTA DI CREDITO RICCA. Se siete di buonumore riuscite a vedervi come la più figa del reame che manco Biancaneve e vorrete comprarvi pure il braccialetto da un euro dal venditore ambulante nel parcheggio. Non vedo altre soluzioni.

Consiglio numero 3: NON PARCHEGGIATE A CANICATTÌ. Che poi guarda caso piove, guarda caso i capelli si arricciano, guarda caso gli occhiali si appannano, e guarda caso uscite con 92 mila pacchetti che ora che arrivate alla macchina hanno già fatto il primo lavaggio. Ogni riferimento è puramente casuale.

Consiglio numero 4: NEL DUBBIO, COMPRATE. La tattica ci penso e poi ripasso non funziona. Ai saldi non c’è pietà, vi strappano qualsiasi vestito dalle mani, figuriamoci se lo posate un secondo. Rimetterlo a posto significa perderlo. E anche la tattica made in Mary Seven “lo imbosco in fondo o nella pila sbagliata e ripasso al prossimo stipendio”, non funziona. Sia perché al prossimo stipendio sarete comunque povere, sia perché vi costa un litigio con la commessa, sicuro.

Consiglio numero 5: OCCHIO ALLE PUBBLICITÀ INGANNEVOLI. Se leggete “Saldi 2024” fino al 75%, il 75% vale sempre e solo sull’unica t-shirt che non usereste nemmeno per pulire il pavimento di casa vostra dopo un hangover.

Consiglio numero 6: FATEVI I CONTI PRIMA DI ARRIVARE ALLA CASSA. Innanzitutto perché eviterete figure di merda, e poi perché è un attimo rendersi conto che state andando in banca rotta fraudolenta. E se state andando in banca rotta fraudolenta scappate. Non con i pacchi sottobraccio, ci manca solo quello, scappate e chiudetevi in casa e non uscite più mica che cascate in tentazione.

Consiglio numero 7: VESTITEVI COME SE FOSSERO I SALDI 2024 ESTIVI. Temperatura percepita nei negozi 9 mila gradi. E quando vedrete lo scontrino raddoppierà pure.

Saldi 2024, note aggiuntive di vitale importanza

Ancora un paio di appunti per una giornata perfetta.

Le partenze intelligenti. Scordatevi di presentarvi alle dieci del mattino o alle cinque del pomeriggio. La Salerno – Reggio Calabria pare il percorso vita del Parco di quartiere in confronto mentre voi un amico nemmeno troppo intimo di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre in coda per Gerusalemme con all’orizzonte quel jeans a vita bassa ideale per ogni occasione che, inevitabilmente, non sarà della vostra taglia.

Per chiudere: io lo so che Tezenis, Yamamay, Intimissimi, Calzedonia e chi più ne ha più ne metta, abbiano delle cosine sensazionali, ma il completino intimo per una notte di passione solo se avete in rubrica più di 152.727 numeri di uomini (o donne) perché altrimenti, se non altro per la legge dei grandi numeri, la notte di passione non la vedete manco con il binocolo.

Alla luce di questa mini guida, lo shopping “Belen Scansati” è servito. Perché proprio “Belen Scansati?”. Perché quando dicono che lo shopping sia anche una seduta terapeutica, è vero. Perché entrare in un camerino con una pigna di vestiti da 20 o 200 euro non cambia, siete tutto ciò che va oltre quell’etichetta e quel prezzo. E poi guardatevi allo specchio e ditelo forte che siete belle: con il vestito corto, con la tuta, con gli shorts, con il cappotto, in pigiama, truccate, struccate, come vi pare…basta non avere paura degli specchi per scorgere ciò che siete. Viziatevi un po’, concedetevi una terapeutica seduta di shopping e fatelo con leggerezza, a volte basta poco per sentirsi e vedersi belle. Ma belle quanto? Belle tanto, fino alla “Belen, scansati proprio”.

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Goodbye 2023, lo dico così, tutto d’un fiato e lo guardo negli occhi quest’anno che se ne va senza sensazioni malinconiche o rabbia o rancori, ma con consapevolezze.

Non sono mai stata una grande amante dei parchi giochi, a Gardaland penso di esserci stata appena 2 volte, soffro un po’ di vertigini, l’ansia prende il sopravvento quando devo salire su giostre probanti che mi fanno perdere contatto con la realtà…eppure io sulle montagne russe ci vivo. E questo 2023 me lo ha spesso ricordato.

Un saliscendi di emozioni e sconvolgimenti, dalle risate ai pianti, dai pianti alle risate, dalle decisioni certe alle titubanze, dai “vorrei ma non posso” ai “vaffanculo, mi gioco tutto”. Così eh. Cinque minuti di straordinaria follia, e poi altri cinque o più di insulsa pigrizia. Se mi guardo indietro non so nemmeno da dove partire, dove raccattare i ricordi e le cose belle, come interpretare le lunghe giornate no. Ma c’è tutto, proprio tutto in questo 2023.

Ho avuto paura.
Ho riso a crepapelle.
Ho viaggiato.
Sono rimasta immobile.
Ho avuto il cuore a pezzi ed il cervello in frantumi.
Ho collezionato domande.
Ho chiesto spiegazioni.
Mi sono data risposte.
Ho mangiato schifezze.
Ho cucinato per me.
Ho preso ago e filo e dato un abito alla mia anima.
Ho camminato all’aria aperta.
Ho consumato il divano.
Ho pianto.
Ho pianto ancora.
Ho pianto di nuovo.
Ho capito che piangere, poi, mi fa stare meglio.
Ho osato.
Ho mandato quelle mail.
Ho viaggiato.
Mi sono arrabbiata.
Ho accolto a braccia aperte nuovi progetti.
Mi sono emozionata.
MI sono maledetta e stramaledetta.
Ho fatto un percorso.
Ho odiato (e la odio tuttora) la mia cellulite.
Ho indossato la gonna.
Ho litigato con gli specchi.
Ho amato, incondizionatamente.
Mi sono sentita amata.
Sono stata amata, probabilmente.
Ho sentito, dopo tanto tempo, il mio cuore battere.
Ho fatto i conti, in tutti i sensi in cui si possano fare i conti.
Ho cantato a squarciagola.
Ho presentato un libro.
Ho fatto ridere la gente.
Ho visto il Golden Gala dal vivo.
Ho girato Firenze in bicicletta.
Ho mangiato la carbonara a Roma. (Adoro).
Sono tornata a casa.
Ho giocato ad Uno per ore ed ore.
Riccardo.
Lorenzo.
Alice.
Aurora.❣️​
Ho avuto coraggio.
Sono stata debole.
E poi forte.
Ho aperto la porta.
Ho fatto l’amore.
Ho letto e riletto le conversazioni su whatsapp.
Ho messo la crema solare.
Ho sognato.
MI sono fatta schifo.
Ho detto la verità, sempre.
Ho osservato le nuvole.
Ho fatto la valigia.
Ho visto Roberto Baggio.
Ho contemplato il letto sfatto.
Ho fatto dei gran casini.
Ho amato le cose semplici.
Ho perso tempo.
Sono stata ferita.
Sono stata delusa.
Sono stata usata.
Ho accettato.
Ho messo punti.
Ho perdonato.
Ho scritto una lettera.
Ho respirato.
Ho fatto figure di merda.
Ho provato imbarazzo.
Non ho perdonato.
Ho sbagliato.
Ho sbagliato ancora.
Ho sbagliato di nuovo.
Ho scritto tanto.
Ho dato fiducia.
Ho ascoltato il silenzio.
Sono stata lì, lì nel mezzo.
Ho avuto pazienza.
Ho guardato delle serie tv.
Ho fallito.
Ho tentato.
Ho sorriso.
Ho fatto l’albero di Natale.
Ho fatto pace.

Goodbye 2023

Trecentosessantacinque giorni di montagne russe senza sosta per scoprire, in fondo, che sono sempre più forte di quello che penso, che la mia scelta è quella di non essere normale ma felice e che non sono sbagliata ma…unica.

“Alla faccia di chi aveva calpestato il suo essere per farne un’altra donna. Lei avrebbe deciso di rimanere lei e, come lei, nessuna al mondo”.

La cosa migliore che possiamo fare quando ci troviamo così vulnerabili in quel processo di rivelazione a noi stessi è offrirci tutta la tenerezza e tutta l’empatia di cui siamo capaci. La nostra più grande salvezza, forse, è essere disposti a metter piede, sia pur per breve tempo, in quelle zone abbandonate in rovina e senza perdono che abbiamo dentro“.

Sono i tuoi straordinari errori che definiscono chi sei“.

Goodbye 2023 e grazie.
Caro 2024, non ti chiedo proprio nulla, dopo un anno così so per certo di essere pronta a tutto, tu lo sai, però, che in te si nasconde il mio sogno più grande.

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Immaginati alle prese con uno di quei sabati pomeriggio in cui l’inverno fuori dalla finestra è gelido ma dentro al tuo cuore trovi persino ghiaccio e neve. Immaginati alle prese con una tazza di tè caldo che tieni fra le mani per provare a scaldarti un po’, mentre il fumo ti appanna gli occhiali ed il naso si arriccia sentendo il profumo di biscotti caldi.
Immaginati anche girovagare tra un negozio e l’altro, in una seduta di shopping che sa più di terapia che di reale esigenza, ed immagina di provare 200 capi che non donano garbo al vostro look, che vi fanno il culo troppo grosso, che “Cosa lo compro a fare tanto non ho occasione di metterlo” e ancora “Questo è l’unico che potrebbe fare al caso mio ma figurati, costa un botto”; poi però c’è un maglioncino insignificante posto in una pila nell’ultimo scaffale in fondo, dal colore non definito, di una forma semplice e senza particolari vezzi, potrebbe star bene con un jeans classico o un leggings nero asciutto, non spicca, ma in quel momento ti rappresenta, lo indossi ed è così caldo, morbido, apatico ma giusto, giusto per te…

…ecco le canzoni non sono forse un po’ così? Non sono maglioni di lana della misura giusta che si prendono cura dei brividi di freddo? Non sono anche solo la possibilità di vedere navigare le emozioni in una melodia?

Io non riesco a smettere di ascoltare l’Inverno, canzone di Angelica Bovo di X-Factor e scritta da Tananai. L’ho indossata al primo ascolto, è il maglione che stavo cercando. Un testo semplice, una voce sublime, una melodia che in altri giorni assomiglierebbe tanto di più ad un coltello sulle vene e che invece in queste settimane così fredde riesce a tenere bada il tremolio, le mani gelide e persino gli occhi socchiusi. L’inverno è un maglione con il collo alto in cui mi rannicchio fino al naso, è una carezza su un volto stanco, è una mano che mi fa i grattini districando i capelli “capriccio” ed ingarbugliati.

Dare un nome alla follia di chi ha sofferto e non si vendica…

Vorrei venire lì dove fa freddo ma non nevica“…dove i gradi sono pochi ma non vanno sottozero, dove qualcosa non torna ma in fondo cambiare stanza o addirittura uscire dalla porta di casa significa percorrere una strada nuova e sconosciuta, trafficata o isolata, insolita e senza orizzonte a portata di mano.

Ho preso a pugni lo specchio”, le ho tentate tutte, questa notte, per far pace con me stessa, per riuscire a scorgere un riflesso che non somigli troppo né alle rughe né ai rimpianti, per asciugare gli occhi e presentarmi lì, al cospetto della mia coscienza, con coraggio ed in pace con me stessa. In una parola, mi sono guardata allo specchio a caccia di conforto e l’ho preteso dall’unica persona che può prendersi davvero cura di me.

Sai pensavo che potrei fare pure una pazzia, di quelle che non si dimentica, sai pensavo che potrei dare un nome alla follia di chi ha sofferto e non si vendica“…il senso di questo pezzo è racchiuso qui, attraversare il dolore e non cercare vendetta, viverlo fino in fondo in una sofferenza composta e poi trasformarlo in una magia prendendosi tutto il tempo di cui si ha bisogno.

“E scusa mi dimenticavo il bello di quei giorni, mi fa male quando non ci sei…”, i giorni belli non vanno dimenticati, ma accettati. Anche se sono acqua passata, anche se così belli, non torneranno.

Anche se è tutto diverso io ti aspetto, ti aspetto“. Il punto non è aspettare lui o lei, il punto non è proprio cosa si aspetta. Saper godere dell’attesa che divide un’emozione dall’altra, breve o lunga che possa essere, intensa o leggera, eccolo il punto.. La felicità e le emozioni sono un contatto, sono il panorama che godi da un punto straordinario in cima al Mondo ma che non dura più di una manciata di attimi, in tutto il resto del tempo scorre la vita.

L’Inverno – Angelica Bove

Sto pensando a dove sei
Fossi in me non chiamerei
E poi che ora è in America

Sto pensando a dove sei
Qui c’è sempre quella luna ed è una luna che si dedica

Volo via, vorrei venire lì dove fa freddo
ma non nevica

Anche se
Anche se è tutto diverso
io ti aspetto, ti aspetto
Ho preso a pugni lo specchio
Sto anche meglio, questa notte non ci porta via l’inverno

Sai pensavo che potrei
fare pure una pazzia, di quelle che non si dimentica
Sai che pensavo che potrei dare un nome alla follia
di chi ha sofferto e non si vendica

Volo via, vorrei venire lì dove fa freddo
ma non sembra

Anche se
Anche se è tutto diverso
io ti aspetto, ti aspetto
ho preso a pugni lo specchio
Sto anche meglio, questa notte non ci porta via

E scusa mi dimenticavo il bello di quei giorni
mi fa male quando non ci sei, ti aspetterò pensandoti

Anche se è tutto diverso io ti aspetto
Ti aspetto

Testo by AngoloTesti

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Welcome 2023, benvenuto. Oggi è il 2 gennaio ed un giorno lo abbiamo già messo alle spalle.

Ci ho pensato tanto nelle scorse ore se scrivere il mio consueto un bilancio di fine anno ma la realtà dei fatti è che il mio 2022 è stato così tanto difficile, pesante, sconfinatamente triste, che trovare anche le forze per raccontarlo mi sembrava troppo. Ce l’ho dentro, sì, quello sempre, mi lascia delle consapevolezze enormi su quanto facciano male le sedie vuote e la consapevolezza, che non sempre fa rima baciata con la felicità, è pur sempre una constatazione dei fatti; che poi non sono mancati nemmeno i momenti felici, uno su tutti “I The Jackal” e Juve – inter allo stadio Olimpico, ma per il resto non posso fingere che sia andato come speravo quando non è così.

Al di là dei sacrifici, al di là di qualche no di troppo, al di là delle fregature e dei sentimenti fatti in minuscoli pezzi, per l’ennesima volta, la cosa che più mi fa male se mi guardo indietro è non aver affrontato tutto questo come solo io so fare, o averlo fatto solo in parte. Non è da me.

Ho lasciato troppe volte che la paura, la malinconia, la tristezza prendessero il sopravvento. Sono rimasta immobile troppo a lungo, proprio io che da ferma non sono mai stata a mio agio. Ho sbagliato. Rivivere nella mia mente il tempo sprecato e le tappe di un percorso spinto più dal vento che dalla convinzione era chiedere troppo ad un animo che ha bisogno “solo” di tornare a volare, a respirare, a splendere. E che ha bisogno di riprendere in mano la bussola e seguire le orme dei suoi sogni sparsi un po qua e un po’ là.

E così, più che star qui a raccontare la fine, mi sono detta: voltiamo pagina, scriviamo di un nuovo inizio.

Proprio qualche giorno fa mi è stato chiesto: “Cosa ti auguri per il 2023?” Innanzitutto mi sono resa conta che 2+0+2+3 fa 7, ed ho sorriso, sono buffa lo so. E poi, mentre cercavo il contatto whatsapp del genio della lampada, mi sono data un’unica risposta e mi sono resa conto, ancora una volta, che posso bastare a me stessa: “Mi auguro di tornare ad essere determinata come lo sono sempre stata nella vita. Cocciuta, spaventosamente testarda, e determinata” ho risposto come se in realtà la chiave per il nascondiglio segreto l’avessi sempre avuta appesa al collo.

Non stilerò alcuna lista dei buoni propositi, mi bastano mente e cuore per abbracciare i miei obiettivi ed i miei sogni, l’unica vera medicina sarà non sprecare nemmeno un minuto ed essere qui, fra 365 giorni o poco meno, a tirarmi una pacca sulla spalla sussurrandomi un “Sei stata brava Mary Seven”. Solo a quel punto avrò anche la certezza di aver perso quel brutto vizio di essere brava solo nel mantenere le promesse che faccio agli agli e mai quelle che faccio a me stessa.

E così, caro anno nuovo, questa volta non ti chiedo proprio nulla, anzi, sono io a farti un giuramento: ci rivediamo fra dodici mesi, e mi presenterò all’appello vestita di ciò che sono, qualche passo più avanti, ma come una donna migliore. Promesso? Promesso.

Welcome 2023.

Vi siete mai chiesti quali siano i diritti delle donne forti? Io sì, ci ho pensato a lungo qualche giorno fa, ho stilato una lista e mi sono resa conto che le donne forti non solo hanno gli stessi diritti di tutte le altre donne, ma più di tutto hanno il diritto di essere deboli.

Le donne forti non sono indistruttibili, non hanno una corazza tatuata sulla pelle, non sono delle stronze patentate che non sanno piangere e che se ne fregano di tutto e tutti, è vero non si sbilanciano troppo e non fanno voli pindarici con i sentimenti altrui, tantomeno con i propri, ma sanno comprendere, sanno ascoltare, e non giudicano. Mai.

Le donne forti sono lo scoglio a cui vi appigliate senza chiedere permesso pur di non annegare in un mare in tempesta, loro non si sgretolano facilmente e non cadranno mai davanti ai vostri occhi, ma hanno un vissuto a forma di strada e passi compiuti.

Non confondete la loro leggerezza con superficialità, planano sulle cose dall’alto perché cercano nuovi punti di vista, nutrono la mente di alternative, di scelte, e fremono quando devono dire la loro. Ma poi magari inciampano, sbandano, perdono la rotta e si ritrovano deboli in un mare in tempesta. E chiedono aiuto con gli occhi, senza essere capite. E così annaspano, ma non affondano.

Le donne forti hanno segreti che non raccontano nemmeno a loro stesse, si guardano allo specchio alla ricerca di conferme che faticano a trovare nei volti altrui, si raccontano storie che gli altri non hanno tempo di ascoltare e provano a credere che a quella stessa forza possano aggrapparsi anche loro.

Le donne forti hanno paura. Di fare un passo, di imboccare una strada contromano, di ritrovarsi ad un bivio, di aprire la porta di casa e non sbattere sulla bellezza di un cane che scodinzola e ti corre incontro, o sul profumo di una cena quasi pronta, ma anche di essere troppo stanche per ritirare i panni stesi. Hanno paura ma anche coraggio. E quando si guardano attorno non scorgono vuoti ma spazi, e la stanza non è così deserta e la credenza nasconde in fondo in fondo i biscotti al cioccolato. E allora anche una serata sul divano, con le mani che affondano nelle calorie ed in tv un film strappalacrime, possono avere un enorme senso di rispetto verso loro stesse.

Le donne forti fanno paura perché la gente scambia la loro determinazione per un bene d’uso comune e la loro indipendenza per una fuga dalle cose facili, e allora sembrano complicate in un mondo semplice quando in realtà sono semplici in un mondo complicato e forse proprio per questo restano con i pezzi di puzzle in mano senza riuscire a dare forma al quadro.

Le donne forti sono così forti che brulicano nell’invidia altrui di un mondo troppo codardo per ammettere che per quella forza venderebbero reni e congiungerebbero mani in preghiere folli, ed è così che le fate sentire sbagliate, dando largo alla vostra ipocrisia più che alla vostra lealtà. Se solo sapeste ascoltarvi, tutti quei cassetti che avete nelle vostre menti non conoscerebbero polvere.

E scorre il tempo, nemico giurato delle rughe sul cuore. E si ritrovano al terzo atto di uno spettacolo per cui non hanno pagato il biglietto. Stanno lì, sul palco, col trucco colato, senza copione e le luci in faccia che cercano di domare con le loro stesse mani.

E non ce la faranno a strappare applausi, eppure, nonostante tutto, non sapranno nemmeno arrendersi.

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Mangiati le bolle di sapone intorno al mondo e quando dormo taglia bene l’aquilone,
Togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace…

Posso partire da qui? Dalle bolle di sapone? Dal luccichio che nascondono, dalla magia che abbracciano, dalla leggerezza che mettono nel serbatoio per poter volare in alto. Chissà quante volte, da piccolina, ho soffiato troppo forte e lo ho viste scoppiare sul nascere, riempiendomi le dita di sapone, sentendone un profumo che non poteva bastare per gli occhioni grandi di una bimba troppo testona e curiosa che quelle bolle voleva trasformarle in ali per se stessa per farsi trascinare lontano.

Se penso alla mia ultima settimana mi sento così leggera e al tempo stesso piena da non saper da che parte iniziare per raccontarla.

Partiamo dalla leggerezza allora, partiamo dal saper prendere le cose così come vengono, senza troppe aspettative, e senza la paura di uno di quei no che sa tanto di portone sbattuto in faccia e bernoccolo sulla fronte. L’ho affrontata così questa impresa, imponendomi solo due regole: la prima era quella del “Senza rimpianti”.

I tag su IG, quelli belli

Quando la mia amica Gaia, interista sfegatata, mi ha taggato nel post dei The Jackal Commenta con noi la finale di Coppa Italia Juve – ,aInter“, era un po’ uno sfottò tra amiche tifose di due squadre diverse, della serie “Se andassimo noi sarebbe la fine”. Ma quando mi sono soffermata su quell’asta benefica, sulla possibilità di aggiudicarsi una maglia e devolvere tutto in beneficenza, per poi ritrovarsi su una poltrona vip dell’Olimpico di Roma e sul divano di casa Ebay accanto ai The Jackal, ho pensato che più che uno sfottò, potesse essere un bel mix di occasioni. Tante occasioni bellissime, in una botta sola. Ci ho pensato due notti e poi, appunto, ho applicato la prima regola: senza rimpianti.

Memento audere semper: fase uno

the jackal

Ho lanciato una campagna crowdfunding, ho contattato non so quante persone in tre giorni (grazie grazie grazieeeeeee!), gli ho spiegato la finalità benefica ancor prima del mio sogno, ed ho provato a far capire loro che è sempre il momento giusto per un gesto nobile (questo me lo hai insegnato tu papy). L’asta ha avuto due vincitori, Ezio, l’interista palermitano mio compagno di avventura, e me. Alle ore 18 di domenica scorsa ho chiamato mia mamma, mia zia e mio zio per poter urlare la mia felicità. Mi avesse risposto qualcuno…

…ho virato su mia cugina: “Ho vinto, ho vinto iooooo” e almeno lei la soddisfazione di saper schiacciare il pulsante verde sullo smartphone me l’ha data. E poi ho scritto su Facebook, su Instagram, sulla mia campagna crowfunding, sullo stato di whatsapp mai utilizzato fino a quel momento, su mille conversazioni a caso per ribadire a chi stava dall’altra parte la mia mattaggine, poche illusioni, mi conoscono da tempo, la conoscevano già. Il tutto, chiaramente, nella più classica domenica lavorativa, tra partite commentate, interviste e redazione. Ma questo non ditelo al mio capo.

Memento audere semper: fase “The Jackal sto arrivando”

the jackal

Vi tralascio i preparativi: chiama Livia l’amica romana sempre pronta ad ospitarti, prenota il treno, recupera la valigia, decidi cosa mettere in valigia, ed ovviamente fai la valigia a mezz’ora dalla partenza (must immancabile di ogni mio viaggio), prova a dormire di notte, non dimenticarti di mangiare, e poi lavora, lavora, lavora, che la vita da freelance è una corsa continua tra scadenze, giornate sempre troppo corte, un telefono acceso h24, arrampicate a mani nude su montagne di problem solving (esistono le lauree ad honorem per questo?) ed acuti attacchi di “Mannaggia a me e a chi me lo ha fatto fare” salvo poi “Dio benedica la mia indipendenza”.

Alla luce di tutto ciò: “It’s coming Rome”. Per alzare l’adrenalina, in una giornata da 152°, percepiti 157° sul campo, mettiamoci subito una mezz’ora di ritardo del treno. Muoversi nella capitale soprattutto in mercoledì particolarmente sportivi tra Coppa Italia ed Internazionali di Tennis, ve lo lascio immaginare. A casa di Livia nemmeno il tempo di abbracciarci è stato subito un trucco e parrucco e zaino e prenota il taxi e “Fammi un caffè ti prego”.

Ta daaaaa, lo stadio Olimpico

the jackal

Giunta allo stadio con 45 minuti di anticipo (sì, per la prima volta in vita mia sono arrivata in anticipo), i primi (e unici) applausi li ho ricevuti dal mio contapassi che alle 18.07 aveva già sforato i 10 mila passi. Varcati i primi cancelli dell’ingresso gladiatori, mai nome fu più azzeccato, ho applicato la seconda regola: essere me stessa. Ringrazio tutti quelli che avevano dispensato perle di saggezza sul “Fai così, fidati”, fidatevi voi, per una volta, sapevo esattamente cosa dover fare, tradotto, nulla. Essere me stessa è bastato e avanzato.

Ho salito quelle scale al ritmo del mio cuore che ha poi toccato gli 8 mila battiti al minuto quando mi sono affacciata dalla tribuna vip su quel rettangolo verde. Occhi a cuore e pace dei sensi.

Dalla poltrona vip al divano dei The Jackal, il salotto era completo. Ecco perchè alla domanda di Fru: “Come ti senti quando hai lo stadio sulla sinistra e la tv di fronte e sei costretta a guardare la partita lì?”La risposta non poteva che essere una sola: “A casa, come se fossi a casa”. Non ho mentito. Ero lì, su quel divano, con indosso la maglietta di capitan Chiellini, con un sorriso che raccontava già molto e con gli occhi che facevano il resto. Al posto giusto, al momento giusto, più di un tapin vincente di David Trezeguet ai tempi d’oro.

Mary seven felice, grazie The Jackal

Quello che è successo in quei lunghissimi novanta minuti, divenuti centoventi, sconfitta della Juve annessa (😢😡) lo trovate qui. Tutto il resto, le emozioni, le sensazioni, i brividi, invece, li trovate qui 💙 È la cassaforte senza combinazione, una volta entrati, è impossibile uscirne.

Leggera e piena. Ecco come si spiega.

Il segreto per far volare le bolle di sapone sta in un fil di fiato.

Libero com’ero stato ieri ho dei centimetri di cielo sotto ai piedi 
Adesso tiro la maniglia della porta e vado fuori

ps. Il più bel messaggio ricevuto: “Grazie per l’insegnamento: anche se una cosa sembra difficile o impossibile, non provarci è un delitto”. Thank you.

Ebbene sì, lo scorso weekend ho percorso la “Passeggiata dell’Amore” ad Ispra. E non dite che non ve lo avevo detto di voler fare qualche gita fuori porta, di prendermi del tempo per me stessa, di andare a caccia di tutto ciò che magari ho pure già visto ma mai osservato a dovere.

Abbigliamento comodo, zainetto in spalla, la compagnia giusta (grazie Silvia) e via…si parte.

Google maps dà sempre una grossa mano in questi casi e, tranne quando io mi impunto convinta di aver ragione anche sul navigatore, raramente sbaglia. Digitare “Passeggiata dell’Amore” e voilà, detto fatto. Da Gallarate sono circa 30 minuti d’auto scarsi (34 km), con la mia guida facciamo 27 salvo semafori rossi.

Parcheggio facile grazie ad una buona serie di strisce bianche che offrono la possibilità di lasciare l’auto in sicurezza e senza vincoli d’orario (consigliata la zona biblioteca/municipio) poi quattro passi più in giù e ci si trova con uno scorcio di lago Maggiore che ti si spalanca davanti agli occhi. Sul muro alle spalle “il via” con “La Passeggiata dell’Amore”, appunto, e la dedica a Mario Berrino, ispiratore del concorso letterario “Scrivi l’Amore”. Poco più a sinistra una serie di piastrelle incastonate nel muro che raccolgo coloritamente i versi di quelle poesie che si affacciano sui riflessi di luce a caccia di formule. È la purezza a farla da padrona.

Cibatisi del primo round di romanticismo, ecco che a svilupparsi è proprio la camminata, partente con il costeggiare l’acqua grazie al lungolago Amerigo Vespucci. Roccia spianata, ghiaietto, ponticelli: e c’è anche una vecchia Darsena ottocentesca in questi primi metri. Da un lato viene messa alla prova un pizzico di agilità, dall’altro ecco lo spettacolo di riflessi e panorami che rapiscono battiti senza chiedere riscatto e tranciano sospiri (2° round di romanticismo).

Dopo un km circa il lungolago finisce un po’ più in là, le passerelle tra le ville diventano sentieri boschivi con tanto di scalinata, fino ad arrivare alla prima Fornace, “Fornace in Salvalada” da cui poi segue poco più avanti la Fornace del Pinett. Un altro km circa ed ecco la Fornace della Punta che si affaccia ovviamente sul lago accerchiata da prati verdi. Da qui quelli normali proseguono il percorso classico sulla strada asfaltata io (noi) invece, che di normale non ho mai avuto nulla, non si sa per quale motivo mi ritrovo di nuovo all’interno di un tratto boschivo pronto a farci rassodare “i ciapet”.

passeggiata dell'amore

Il pessimo livello di allenamento post abbuffate natalizie si prende la scena, i “ciapet” non si sa per quale motivo non subiscono alcuna trasformazione nella pesca alla Belen Rodriguez, gli occhi, però, continuano a ringraziare: cenni di tramonto ed è subito momento social.

La strada asfaltata che va a districarsi tra una via e l’altra chiude i 4.3 km di percorso che noi decidiamo di prolungare in un giretto più lungo ed un ritorno in piazzetta, Mi Fit dice 7.71 km (ho le prove ovviamente).

La stagione invernale ed il freddo iniziano a punzecchiare, non c’è spazio per nient’altro se non per le ultime luci di Natale nella parte più interna del paese che in punta di fioretto chiudono la parentesi romanticismo. Per oggi la scorpacciata “love” è andata anche oltre le aspettative, ed io inizio a sentirne il prurito 😉

“Imparerò a stare in equilibrio, per cadere c’è sempre tempo, e ascolterò questo battito che pulsa nelle vene e nella testa…”

Per tanti, forse, il 1^ gennaio è un giorno nuovo, il giorno uno come si suol dire, ma io preferisco chiamarlo “giorno zero”.
Pochi mesi fa l’attrice Ambra Angiolini dopo un becero gossip sulla fine della sua relazione con Massimiliano Allegri, fu costretta a porre un punto a livello mediatico, come se la sua vita privata fosse di dominio pubblico ed un ragionevole oggetto di sfottò. Beh, quel punto, lo pose con fermezza ed eleganza.

Più di una volta ho riletto quelle parole e mi sono resa conto delle molteplici occasioni in cui potessero star bene addosso anche a me.

E allora eccole qui, non tanto per essere il buon auspicio di questo 2022, quanto per riempire con senso della misura e della consapevolezza, le prime righe di questa prima pagina bianca.

“Esiste per tutti il giorno Zero, è un momento in cui non si vince, non si perde, ma si riparte. Ci si allontana dalle persone che diventano ricordi, da quelle che non restano, da quelle che in fondo non ci sono mai state. Si chiama giorno zero perche quello che segue lo zero è sempre un inizio e negli inizi non si conosce la sconfitta”.

E allora ripartiamo 💪🏽

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Il più classico degli sproloqui di fine anno 2021, ma questa volta fatto di poche parole. Mi sento più vuota che piena, e penso di non avere granché da dire, poi talvolta sono le parole stesse a smentirmi, loro si prendono cura di me senza che io me ne accorga e le lascio fare.

Vorrei raccontare della mia casa, che mi fa sentire orgogliosa come poche volte lo sia stata in vita mia, vorrei raccontare del mio lavoro, che nell’ultimo anno mi ha dato maggior equilibrio sotto tanti punti di vista e mi ha fatto sentire ancora più appagata. Vorrei raccontare di essere tornata in Sicilia a dieci anni di distanza, del miliardo di emozioni sportive vissute in questo 2021 e dello stomaco che ancora mi si attorciglia al sol pensiero, vorrei raccontare di essermi immersa nel Festival dello Sport a Trento e dei centimetri di pelle d’oca.

Vorrei raccontare di quanto sia meravigliosamente bello essere zia del mio Ricky, del mio Lorenzino e della mia Alicina, di come crescono, di quanto sia immensamente grata del tempo che trascorriamo insieme e delle risate, e dei sorrisi, e di essere tornata a giocare a nascondino, a colorare un foglio bianco, a preparare i biscotti per Babbo Natale.

Vorrei raccontare della mia nuova esperienza calcistica, delle mie amiche che hanno dato alla luce il frutto del loro amore, di chi lo farà nel 2022. Vorrei raccontare dei nuovi progetti in cantiere, delle mie ambizioni, della volontà di non scrivere alcuna lista dei buoni propositi, tanto vanno sempre tutti a puttane, e dell’unica idea di provare davvero, fino in fondo, ad amarmi per ciò che sono. Sarà un percorso lunghissimo.

Ma la verità è che io sto solo provando a non odiarlo questo 2021. La mia mente è ferma a quel maledetto giorno, il mio cuore ha perso i battiti e sono in perenne carenza d’ossigeno. Provo ad aggrapparmi a qualunque cosa pur di darmi una spiegazione logica ma non c’è appiglio. Mi resta solo la più bella lettera d’amore che potessi donarti e questo mi dà sollievo…non ci sarà un altro uomo come te nella mia vita.

Qui tutto mi parla di te, papy, tutto sa di te. Vorrei mandarti i messaggi su whatsapp, vorrei chiederti se ti piace il mio tavolo nuovo e di passare di qui per aggiustarmi la persiana; poi parleremmo di Juve e ti incazzeresti tantissimo perchè vogliono vendere Morata. Probabilmente moriresti anche dalla voglia di dirmi che ti manco a casa ma il tuo orgoglio te lo impedirebbe mentre io finirei per leggertelo negli occhi.

Sto provando a non piangere papy perchè so che ti darebbe tanto fastidio, e ancor di più sto provando a farcela. Non lo so se ci riuscirò, ma se dovessi riuscirci è solo perchè a farcela, sempre, in qualunque circostanza, me lo hai insegnato tu.

Caro 2021 ti sei preso un pezzo enorme della mia vita, tutto ciò che spero è che questo 2022 sia pronto a restituirmene almeno un po’.
Resta il fatto che l’amore che ogni giorno provo per il mio supereroe sarà sempre più grande di questa voragine che ho nel cuore e forse l’unica che ho davvero imparato quest’anno è che l’amore, quello vero, vince sempre.

Il senso della vita non è arrivare ad una pronunciata vecchiaia, ma fare bene le cose nel tempo che ci è stato donato“.

Mi guardo attorno ogni giorno, e so che è andata proprio così 💙

Waiting 2022.

Esistono amori che non possono essere raccontati con una lettera, esistono lettere che non potranno mai essere perfette. E questa lettera non lo è, non è perfetta, ma adesso è tutto ciò che ho.

Caro papy,
ecco che ne hai combinata un’altra delle tue, sei il solito pasticcione.
E adesso che facciamo? Che ne sarà di questo casino? Come lo mettiamo a posto?
Ho un disordine dentro che forse solo la tua saggezza saprebbe domare.
Tu sei sempre stato quello coraggioso, quello con il carattere spigoloso, quello forte, il più forte, il più testardo, il più orgoglioso, il più permaloso di tutti, ma anche il più buono. E se mi guardo allo specchio vedo la stessa testardaggine, lo stesso carattere spigoloso, lo stesso orgoglio, la stessa permalosità. La stessa forza non lo so, forte come te non lo sarò mai. Così simili eppure così diversi, così tanto innamorati l’uno dell’altra quasi da non sapercelo raccontare.

Se guardo indietro vedo un sacco di cose belle, vedo le tue mani che erano la mia roccia, vedo la tua grinta in quel tiro alla fune che per te era molto più di un gioco, vedo il tuo ottimismo, la voglia di crederci sempre e la curiosità che mettevi in tutte le faccende della vita. Vedo il tuo essere chiacchierone, io e te parliamo pure con i muri, il tuo sorriso che non mancava mai, vedo te ai bordi di un campo da calcio e sai una cosa? Quanto mi dava fastidio quando al termine delle partite avevi complimenti per le mie compagne e mai per me..sembrava quasi che tu non mi guardassi nemmeno, ed invece io lo so che era il tuo modo per spronarmi e per farmi capire che potevo spingermi oltre, io lo so che non avevi occhi che per me.
Mi hai sempre lasciata fare papy, hai accettato il mio spirito ribelle e i miei sogni come se fossero i tuoi, e di questo te ne sarò sempre grata.
Così come ti sarò sempre grata d’avermi insegnato i veri valori della vita, crescendomi a pane, umiltà e dignità. La stessa dignità che ti ha contraddistinto nel lottare anche contro questo ostacolo che la vita, d’un tratto, ti ha posto davanti. Lo hai detto subito “Vincerò io” e credimi papà, così è stato. Hai vinto tu. Perché se mi guardo attorno ed osservo occhi e cuore di tutte le persone che ti hanno incontrato, mi rendo conto che non c’è stata proprio partita, che sei stato il migliore di tutti.

Non sai cosa darei per litigare ancora un po’ con te, per guardare una partita della Juveinsieme, per ricevere uno dei tuoi buffi messaggi, per salire in auto e trovare Claudio Baglioni a tutto volume…mi manca da morire questo piccolo grande amore.
Oh papy, ho così tante domande in testa senza risposta e più di tutto mi chiedo: ti avrò reso abbastanza orgoglioso? La donna che sono oggi ha tanto a che fare con quello che volevo essere, ma la donna che dovrò diventare e che dovrà fare i conti con la tua assenza vacilla un po’…non andare troppo lontano.

Ora ti saluto papy ma voglio dirti ancora tre cose: innanzitutto che non ci sarà giorno in cui non racconterò a Riccardo, Lorenzo e Alice il nonnino speciale che sei stato, gli racconterò delle loro radici e di un paio di stelle a forma di occhi verdi che non smetteranno mai di brillare per loro; in secondo luogo grazie per avermi donato una famiglia che nemmeno nei miei più bei sogni avrei osato immaginare. Prenditi cura della mamma, di noi, della tua sorellina che hai sempre protetto e amato e di tutto il resto della famiglia allargata, ma anche dei tuoi cari amici che per te hanno avuto un valore inestimabile. Infine, papy, ti dico quello che non ti ho mai detto: ti amo. Ti ho sempre amato. E ti amerò per sempre.

Fai buon viaggio mio campione, mio principe azzurro, mio supereroe e non fare tutta una tirata come il tuo solito, fermati all’autogrill ogni tanto, goditi il panorama.
Io ti aspetto in tutti i miei sogni, in fondo il lieto fine delle favole è sempre racchiuso lì.

Ciao papy, la tua bambina.